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Caro ministro, per la Cassazione non è reato l'evasione da sopravvivenza

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Considero il carcere per i grandi evasori non una svolta culturale ma una misura di una inciviltà assoluta, propria di una cultura che vorrebbe utilizzare la ricchezza come indicatore assoluto della liceità e della moralità di una condotta.

Senza un' analisi differenziale dei motivi dell'evasione, il grande evasore potrebbe essere tale perché GRANDE POVERO, schiacciato da una tassazione che è tra le più alte d'Europa, dalle spese per i figli, da una malattia invalidante, da uno STATO CHE NON PAGA i propri debiti, che non assiste i bisognosi, che dissangua le attività produttive e che viola i principi costituzionali della uguaglianza sostanziale e della capacità contributiva, punendo chi non ce la fa a sopravvivere, invece di aiutarlo.

Il carcere per i grandi evasori significa anche ignorare il problema del sovraffollamento delle carceri, problema che si è cercato di risolvere depenalizzando condotte ben più gravi dell'evasione e che ora verrebbe aggravato da una misura che potrebbe riguardare milioni di persone. Solo i poveri sono 6 milioni e certamente non pagano le tasse, e certamente sono grandi evasori. Poi ci sono gli artigiani, i piccoli imprenditori, i commercianti, gli autonomi, che sono i nuovi poveri per effetto di un'elevata tassazione e di una crisi dei consumi. Vogliamo arrestarli tutti? E chi non ce la farà a pagare le tasse cosa farà per evitare il carcere? Ruberà! Oppure si suiciderà..

La Cassazione ha da tempo consolidato l'orientamento per cui non è punibile l'evasore che fornisca "la prova della non imputabilità della improvvisa crisi di liquidità" e della "assoluta impossibilità di porre in essere il comportamento omesso". Il principio di diritto più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, in ordine alla esimente della forza maggiore, è che "il contribuente dimostri che gli sia stato impossibile reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie all'adempimento delle obbligazioni tributarie". E non è punibile neppure il contribuente che provi di non aver potuto adempiere all'obbligo fiscale a causa dei ritardi dei pagamenti da parte della PA, o del cliente.

[Cass. III Penale: n. 5905/2014, n. 8352/14, n. 15416/2014, n. 5467/2013, n. 40394/14, n. 43599/2015, n. 49666/15, n. 47250/16, n. 2860/2018, n. 39310 dep. 25.09.2019].

Se si legifera in contrasto con questi principi costituzionali, probabilmente anche questa proposta diventerà una legge incostituzionale dello Stato. Non si può pensare di combattere l'evasione incriminando i poveri, le partite iva e le imprese. Occorre rivedere tutto il sistema della tassazione, orientandolo verso i principi costituzionali della sostenibilità, della proporzionale rispetto alla capacità contributiva e della progressività delle aliquote, modulate secondo più scaglioni di quelli attuali (art. 53 Cost.). Diversamente non si fa altro che aumentare il debito, la povertà, l'evasione, la criminalità, i suicidi. 

Va dunque operato prima di tutto un distinguo tra chi evade per delinquere e chi evade per sopravvivere, utilizzando altri parametri o a quello della somma evasa, come le proprietà familiari, l'ISEE, i conti correnti, le persone a carico. E va anche rinsaldato il patto tra Stato e cittadino, attraverso un virtuoso riutilizzo delle somme versate dai contribuenti, in termini di servizi per la collettività.

Una riflessione a margine dell'evasione potrebbe anche essere quella proposta dal ​​Presidente di Nomisma Dott. Pietro Modiano qualche anno fa. Dopo decenni in cui è stato permesso a pochissime famiglie di arricchirsi enormemente con la corruzione, il crimine, gli aiuti di Stato e le leggi ad personam, potrebbe essere il momento di prevedere per costoro una tassa una tantum sui grandi patrimoni così accumulati, e questa sì che sarebbe una vera svolta culturale:

"Si stima che la ricchezza liquida delle famiglie italiane – al netto di attività reali, titoli di stato e partecipazioni in società di persone – sia pari a circa 2.400 miliardi. Si può, inoltre, stimare che Il 47,5% di questo ammontare, ovvero 1.130 miliardi, sia posseduto dal 10 % più ricco delle famiglie italiane. Un prelievo una tantum del 10% su questa fascia darebbe luogo a un gettito di entrate per lo Stato di 113 miliardi di euro, 7 punti percentuali di PIL, da distribuire a favore delle famiglie più povere e delle imprese".

Perché no? 

 

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