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Antonio Vitellaro “La rivolta delle donne di Milocca”

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 Per chi volesse raggiungere il Comune di Milocca oggi, probabilmente, avrebbe qualche piccola difficoltà. Infatti Milocca non esiste come comune indipendente, ma rappresenta una delle due frazioni, l'altra è San Biagio, che danno vita al Comune di Milena, situato a Nord ovest della provincia di Caltanissetta o, se si vuole del Libero consorzio di Caltanissetta. Una delle tante opere "incompiute" dell'ex presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta.

Antonio Vitellaro è stato docente di lettere, preside di licei, componente della famosa Commissione ministeriale Beniamino Brocca per affrontate le problematiche scolastiche del medio superiore. Si è occupato di didattica e di orientamento scolastico. Attualmente è presidente della Società Nissena di Storia Patria, sorta sulle ceneri dell'associazione "Officina del libro Luciano Scarabelli", e che aveva fondato precedentemente. E' condirettore della rivista semestrale "Archivio Nisseno". Ed è un valente, attento e rigoroso ricercatore storico.

Questo brevissimo "curriculum" dell'Autore è per quei lettori che, magari vivendo  in altre Regione, non si siano mai imbattuti in un suo saggio, in una sua ricerca, in un suo libro: sono moltissimi e tutti di grande interesse storico.

"La rivolta delle donne di Milocca", si inserisce in quella felice stagione dei "Fasci dei lavoratori" e la questione della distribuzione delle terre. Donne che hanno scritto una delle più belle pagine della storia siciliana di fine Ottocento.

"L'abolizione della feudalità in Sicilia ebbe il solo effetto di accelerare il passaggio dal possesso terriero borghese. Ai latifondi feudali si sostituirono i latifondi borghesi. Altre modificazioni significative non si realizzarono". Per cui, come sostiene a giusta ragione Vitellaro, la borghesia è l'unica fruitrice degli effetti della Rivoluzione del 1812. Mentre i contadini, i braccianti, i gabelloti dovevano ancora attendere, e non poco, per vedersi riconosciuto il diritto alla "terra".

Non mancarono le Commissioni, le ricerche, le inchieste per cercare di trovare delle soluzioni ai problemi dei contadini. Ma anche qualche piccolo spiraglio dei decreti di Giuseppe Garibaldi, nel 1860, non ottenne grandi risultati.

Ma i giovani, soprattutto, non si rassegnavano e affidavano a qualche canto "l'espressione di sdegno, di odio, di rabbia".

E sull'importanza dei canti, alcuni veramente struggenti, esistono degli studi interessanti.

"…Cori di canna, cori di cannitu

Cori di tu ma cori canniatu

Comu rabbannunasti a to maritu

Pi dari spassu a lu to `nnamuratu;

Pirdisti lu casatu e lu partitu

Li to parienti t'annu abbannunatu

Ora ca 'un à né amanti né maritu

Si comu un casalinu allavancatu!

Questi canti rappresentano un patrimonio etno-antropologico di inestimabile valore per la comunità di Milena e per la cultura in generale. Tramandati oralmente per secoli, per la maggior parte sono creazioni originali, anche se anonime, della gente delle robbe; alcuni di questi canti appartengono alla tradizione orale dell'intera Sicilia. Alcune circostanze fortunate hanno consentito di non disperdere questo prezioso patrimonio di sentimenti maturati in un ambiente particolare, quello contadino delle robbe di Milocca. Due studiosi hanno operato per salvaguardare questi canti, grazie all'opera preziosa dei "testimoni" locali che hanno tramandato oralmente queste composizioni poetiche. Dobbiamo essere grati ad Arturo Petix, prima, ed a Giuseppe Pellitteri, poi, se oggi possiamo dire che i canti delle robbe fanno parte per sempre della memoria collettiva di un'intera comunità e del mondo degli studiosi. Entrambi hanno attinto alle testimonianze di cittadini milenesi che da tempo immemorabile tramandavano di generazione in generazione queste composizioni poetiche anonime". 

 Dall'Unità d'Italia fino all'inizio degli Anni Novanta dell'Ottocento ci furono delle sommosse e tentativi di accordi "migliorativi" tra i gabelloti e i borghesi terrieri, ma senza risultati rilevanti. Bisogna attendere il 1891 per una svolta con la nascita dei "Fasci dei lavoratori", organizzati in Sicilia da giovani studenti e da intellettuali di spicco, democratici e liberali. Rosario Garibaldi Bosco, Giuseppe De Felice Giuffrida, Bernardino Verro, Nicola Barbato, Giacomo Montalto, Agostino Lo Piano Pomar, Nicola Petrina solo per indicare i più noti. Ogni Comune aveva i propri "fasci" e i propri dirigenti che ne organizzavano le attività.

Perfino qualche componente della gerarchia ecclesiastica, "tradizionalmente legata ai poteri forti", dimostra una diversa attenzione nei confronti dei contadini, ridotti alla fame e alla disperazione. Non sono molti, a dire il vero, i parroci a schierarsi dalla parte dei contadini.

Il "Fascio dei lavoratori" di Milocca nasce il 27 luglio 1893.

Ma cosa era successo a Milocca il 27 ottobre, esattamente tre mesi dopo la sua costituzione, perché scoppiasse una sommossa così preoccupante per le autorità?

"Lo racconta il prefetto al ministro degli interni con un telegramma dello stesso 27 ottobre:

In relazione tumulti Milocca Comandante Sezione Carabinieri Mussomeli informa che notte 26 opera fascio lavoratori furono danneggiate proprietà possidenti Cipolla Gerlando per cui venivano arrestati Presidente e tre Consiglieri detto Fascio. Stamane ore 10 veniva improvvisamente aggredita quella Caserma Carabinieri da circa 400 persone, uomini e donne, che, gridando pane e lavoro, han chiesto liberazione detenuti usando viva resistenza e violenza. Sindaco Delegato visto pericolo rilasciò biglietti scarcerazione detenuti che vennero lasciati liberi, continuando grande fermento. Riferirò Ministero quanto mi verrà comunicato in argomento, assicurando che sono oggi partiti per quella volta truppe e rinforzo Carabinieri. Prefetto". In seguito ci furono i processi, le condanne e quei fatti passarono alla storia, e a giusta ragione, come "La rivolta delle donne di Milocca".

Era un'epoca in cui era nato il Partito socialista, i sindacati cominciavano a fare i primi timidi passi, la costituzione della CGIL è del 1906 e, poco a poco, nasceranno anche gli altri sindacati. E  dalla Monarchia passeremo alla Repubblica, dalla dittatura alla libertà, con lotte di Donne e di Uomini.

 

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