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Processo tributario: valore della controversia e difesa diretta

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Riferimenti normativi: Art.12 D.Lgs.n.546/1992

Focus: L'obbligo di assistenza tecnica da parte di un difensore abilitato costituisce una delle più importanti innovazioni del nuovo processo tributario. Il legislatore ha previsto per le controversie tributarie una soglia di valore al di sotto del quale il contribuente può stare in giudizio personalmente senza dotarsi di assistenza tecnica. Nell'ipotesi in cui il ricorso sia sottoscritto personalmente dalla parte ma il valore della controversia richieda l'assistenza e la difesa tecnica, quest'obbligo può essere sanato successivamente al deposito del ricorso senza inficiare l'esito del processo per inammissibilità. Ciò è stato ribadito dalla Commissione Tributaria Regionale Emilia Romagna con la sentenza n.317 del 04/03/2021.

Principi generali: L'articolo 12 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nella nuova formulazione risultante dalle modifiche introdotte con il decreto legislativo n. 156/2015, fissa, al primo comma, il principio generale in base al quale tutte le parti devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato: "le parti, diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato". Il comma 2 dell'articolo 12 contiene un'eccezione al citato principio generale, costituita dalle ipotesi di esonero oggettivo per cui" il contribuente può stare in giudizio senza assistenza tecnica per le controversie fino a tremila euro" (le cosiddette controversie minori)E' stata prevista, dunque, una soglia, inizialmente pari a 2.582,28 euro, al di sotto della quale il contribuente può stare in giudizio personalmente. Se la causa ha ad oggetto un atto di imposizione, il valore è determinato dall'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato. 

Se, invece, la causa concerne esclusivamente un atto di irrogazione di sanzioni, si ha riguardo alla somma delle sanzioni medesime. Nel caso in cui con il ricorso si impugna un atto che accerta una pluralità di tributi, secondo l'orientamento ministeriale, il valore della controversia è determinato, a pena di inammissibilità del ricorso, con riferimento alla somma dei tributi oggetto della causa (criterio del cumulo giuridico). Nell'ipotesi di riunione di più ricorsi, infine, ai fini della determinazione del valore della controversia, il valore della lite deve essere separatamente determinato sulla base dell'importo del tributo accertato in ciascuno degli atti impugnati e, dunque, di ciascun ricorso. Premesso ciò, nella fattispecie, sottoposta all'esame della Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna, il legale rappresentante/amministratore di fatto di una società ha impugnato la sentenza di prime cure con la quale i giudici avevano respinto il proprio ricorso avverso l'atto di recupero del credito d'imposta ritenuto indebitamente utilizzato dalla società negli anni 2011 e 2014. L'appellante ha sottoscritto personalmente il ricorso in appello pur trattandosi di un contenzioso di valore eccedente 2.582 euro, deducendo l'erroneità della sentenza di primo grado che non aveva riconosciuto l'effettiva esistenza dei crediti maturati, esposti nella dichiarazione dell'anno 2011, che andavano ugualmente riconosciuti per l'anno 2014. Con successiva memoria il ricorrente produceva copia di conferimento di incarico di rappresentanza ed assistenza tecnica a dei legali presso il cui studio eleggeva domicilio.

L'Agenzia delle Entrate ha presentato appello incidentale, rilevando che l'appello deve considerarsi inammissibile perché il contribuente si era costituito in proprio, contravvenendo a quanto previsto dall'art.12, comma 5, D.Lgs. n.546/92. Nel merito ha, altresì, rilevato la infondatezza dei motivi dedotti dal rappresentante legale della società non avendo quest'ultimo prodotto, sin dal primo grado, documentazione inerente il credito disconosciuto. Il collegio giudicante ha, preliminarmente, preso in esame l'eccezione di inammissibilità dell'appello ed ha osservato che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ribadito l'interpretazione espressa dalla Corte Costituzionale, con le sentenze n. 189 del 13/06/2000 e n. 520 del 2002 e con l'ordinanza n. 158 del 2003, secondo la quale l'inammissibilità del ricorso deve intendersi riferita soltanto all'ipotesi in cui sia rimasto ineseguito l'ordine del Presidente della Commissione, della sezione o del collegio, rivolto alle parti diverse dall'Amministrazione, di munirsi, nel termine fissato, di assistenza tecnica, conferendo incarico a difensore abilitatoIn tal modo, le SS.UU.della Suprema Corte hanno aderito alla decisione della Cassazione n. 8369 del 12/06/2002, la quale aveva statuito che " La Commissione Tributaria, chiamata a giudicare una controversia di valore superiore a L. 5.000.000, è tenuta a disporre, ai sensi del D.Lgs.31 dicembre 1992 n.546, art.12, che il contribuente, attore o convenuto in giudizio, il quale risulti privo dell'assistenza di un difensore, si munisca, invece, dell'indispensabile assistenza tecnica". Nella fattispecie, avendo lo stesso ricorrente provveduto a munirsi di idoneo difensore, è stato respinto l'appello incidentale dell'Agenzia delle Entrate ed è stato dichiarato ammissibile l'appello di parteTuttavia, nel merito l'appello del ricorrente è stato dichiarato infondato ed è stato respinto. 

 

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