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L'avvocato e il dovere di riservatezza: tra ciò che è consentito e ciò che è off limits

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Dovere di segretezza e riservatezza: esplicazione del decoro e della dignità

«La deontologia forense ha uno dei suoi pilastri fondamentali nella tutela della riservatezza del rapporto avvocato – cliente, che impone al primo il vincolo di tenere riservata la stessa esistenza del rapporto, con particolare riguardo alla trattazione/esternazione dell'oggetto del mandato difensivo» (CNF, n. 130/2013) [1]. Il dovere di riservatezza è «esplicazione del decoro e della dignità che la funzione sociale della professione impone» all'avvocato (CNF, n. 37/2013).

Il dovere di segretezza e riservatezza nella prassi

Si ritiene che:

  • «l'avvocato non ha l'obbligo di denunciare all'autorità giudiziaria la circostanza che un proprio cliente detenuto utilizzi illecitamente un proprio apparecchio di telefonia mobile [...], giacché un tale onere non è previsto a suo carico [...]. Anzi, il codice deontologico gli impone di mantenere il segreto "su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell'attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell'attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali".  

    Ciò non significa, tuttavia, che egli possa accettare di conferire direttamente con detto cliente al di fuori dei limiti imposti dalle norme, avendo invece l'onere di far cessare tale prassi rifiutando il colloquio sin dal primo contatto telefonico o, in mancanza, dismettere il mandato, a pena di illecito deontologico» (CNF, n. 188/2014, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=31859);

  • l'avvocato ha il dovere di mantenere il massimo riservo su ciò di cui è venuto a conoscenza in occasione del mandato. Tale dovere è posto esclusivamente a tutela della sfera privata del cliente o parte assistita e non anche di quella della controparte (CNF, n. 84/2014, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=31229);
  • in caso di morte del proprio assistito per suicidio, l'avvocato non può, al fine di farsi pubblicità, rilasciare sui quotidiani nazionali dichiarazioni relative al rapporto professionale intercorso tra lui e il defunto, «senza il consenso e con l'espresso dissenso dei familiari del cliente stesso» (CNF, n. 130/2013, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=29432);
  • per garantire la riservatezza del cliente, l'avvocato, che ha uno studio professionale ubicato a pian terreno sul fronte strada, deve provvedere a riparare dalla vista dei passanti porte e finestre (CNF, n. 37/2013, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=28224);  
  • «commette illecito disciplinare l'avvocato che intaschi il denaro corrispostogli dal cliente senza la dovuta riservatezza ovvero con modalità non consone allo stile e al decoro della professione (nella specie, il denaro veniva incassato per strada davanti al Tribunale)» (CNF, n. 57/212, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=24880);
  • è deontologicamente rilevante il comportamento del professionista che intrattiene rapporti crescenti con la stampa, consentendo la divulgazione di notizie relative al mandato difensivo conferito dal cliente. In tali casi, infatti, l'avvocato viola il dovere di segretezza e riservatezza, il cui rispetto «costituisce condizione imprescindibile per la realizzazione del diritto costituzionale del cittadino a difendersi, tanto più quando, come nella specie, la vicenda resa nota alla stampa, già di per se particolarmente delicata, veda coinvolta una persona minore» (CNF, n. 150/2011, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=16159);
  • «pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che autentichi firme apposte non in sua presenza, diffonda notizie apprese in ragione del mandato svolto e usi espressioni offensive e minacciose nei confronti di ex-clienti» (CNF, n. 2/2000, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=6906).


Note

Art. 13 Codice deontologico forense: «L'avvocato è tenuto, nell'interesse del cliente e della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell'attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell'attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali» 

 

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