Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Il proprietario dell’immobile può sfrattare l’inquilino che è causa di molestie in condomìnio?

Imagoeconomica_1537552

Riferimenti normativi: Artt. 844 – 1587 c.c.

Focus: In ambito condominiale dovrebbero sussistere rapporti di buon vicinato derivanti dal fatto di condividere la proprietà di alcuni beni (le scale, il cortile, l'androne, ecc.) e ci si dovrebbe astenere da comportamenti che possano turbare la tranquillità e la quiete. Può verificarsi, tuttavia, che qualche condòmino conduttore di un immobile locato ponga in essere alcuni comportamenti molesti tali da potersi considerare intollerabili per il vicinato.Tali comportamenti possono essere causa di inadempimento contrattuale tali da consentire al proprietario dell'immobile locato di sfrattare il proprio inquilino?

Principi generali: Il regolamento condominiale di natura contrattuale può contenere clausole che mirano a contemperare l'obbligo del singolo proprietario di attenersi ai divieti del regolamento condominiale e il diritto dei condòmini di pretendere il rispetto di quell'obbligo. Esso, dunque, può contenere il divieto per i titolari di proprietà esclusiva di destinare singole unità immobiliari allo svolgimento di determinate attività che possano causare rumori molesti in quanto superino la soglia di normale tollerabilità.

Fermo restando che il concetto di normale tollerabilità non è definito dal legislatore ma è solo menzionato nell'art. 844 c.c.secondo cui "il proprietario di un immobile non può impedire i rumori che provengono dal fondo e/o abitazione del vicino, se questi non superano la normale tollerabilità", ci si è chiesti se, alla luce di questa norma, il proprietario dell'immobile concesso in locazione possa essere considerato responsabile dagli altri condòmini dei comportamenti molesti posti in essere dal proprio inquilino. A parte la responsabilità penale dell'inquilino per comportamenti che integrano un'ipotesi di reato, in merito alla responsabilità del proprietario dell'appartamento per gli atti irrispettosi e lesivi posti in essere dal conduttore, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione essa non sussiste se il proprietario dimostra di essersi adoperato per evitare o interrompere le azioni dell'inquilino parlandogli o inviandogli una diffida formale finalizzata all'interruzione immediata degli atti molesti nei confronti del vicinato, minacciando, in caso contrario, la risoluzione del contratto o lo sfratto. La Corte di Cassazione con Ordinanza n.22860, depositata il 20 ottobre 2020, si è recentemente espressa nel senso che se l'emissione di molestie, tali da disturbare il vicinato, proviene da un conduttore essa può portare alla risoluzione del contratto di locazione.

Nel caso di specie, sia in primo che secondo grado, i giudici avevano dichiarato risolto un contratto di locazione abitativa per inadempimento grave della conduttrice ordinandole, di conseguenza, di rilasciare l'alloggio. La conduttrice, in particolare, aveva molestato i vicini di casa con insulti e imbrattamenti della loro porta con vernice bianca, come risultante dalle dichiarazioni di questi ultimi, e affiggendo alla propria porta cartelli recanti ingiurie rivolte ai vicini. L'inadempimento rilevante ai fini della risoluzione contrattuale sarebbe scaturito, secondo i giudici, dalla violazione da parte della stessa di una clausola contrattuale, cioè dall'art. 2 del contratto di locazione, che vietava al conduttore di "compiere atti e tenere comportamenti che possano recare molestia agli altri abitanti dello stabile", e dalla violazione dell'art.1587 c.c., secondo il quale il conduttore deve osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsi della cosa. In sede di appello la conduttrice aveva eccepito che non sussistessero i presupposti della risoluzione del contratto stante l'inattendibilità delle dichiarazioni dei testi, che sarebbero stati animati da rancore nei suoi confronti, e tenuto conto del fatto che le loro dichiarazioni avrebbero riguardato un unico episodio non essendo avvenuti altri episodi di molestie. Il giudice di secondo grado, nel rigettare la domanda della conduttrice, ha richiamato la sentenza della Corte di Cassazione n. 6751/1987, citata anche dal primo giudice, relativa ai casi eccedenti la normale tollerabilità, ed ha condiviso il principio espresso dai giudici di legittimità secondo cui il comportamento del conduttore che molesta i vicini deve ritenersi inadempimento contrattuale per abuso della cosa locata (ex art.1587 c.c.) nei confronti del locatore "il quale dovrebbe rispondere verso gli altri inquilini come di fatto proprio, se tollerasse tali molestie"La Suprema Corte, dinanzi alla quale la conduttrice ha impugnato la sentenza di appello, si è pronunciata confermando la decisione dei giudici di seconde cure. In conclusione, essa ha ribadito il principio che le molestie provocate ai vicini di casa possono costituire abuso del bene locato non solo in quanto il divieto delle stesse è previsto dall'art.1587 c.c. ma anche se lo stesso è contenuto in una clausola contrattuale, di conseguenza la violazione di tali disposizioni si configura come condotta inadempiente dell'inquilino ai fini della risoluzione del contratto, condotta che può essere ritenuta tale anche se è costituita da un solo unico e grave episodio di comportamento molesto. Quindi, è opportuno che nel contratto di locazione sia prevista un'apposita clausola che vieti al conduttore di recare molestia agli altri abitanti dello stabile di modo che il locatore, per evitare di essere chiamato a rispondere nei confronti dei vicini per le molestie del conduttore, possa attivarsi per far cessare le molestie minacciando la risoluzione del contratto ed il conseguente sfratto.

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Scuole, concorso. “La privacy: diritto umano nella...
Precetto. La mancanza di procura costituisce irreg...

Cerca nel sito