Di Redazione su Domenica, 10 Luglio 2016
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Condotta "irreprensibile" (già "specchiatissima e illibata") e condanna penale, sentenza CNF

Di tale questione si è occupato il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza 30 ottobre 2015 n. 158, pubblicata nel sito istituzionale del Consiglio il 23 giugno 2016.
La valutazione del requisito della condotta irreprensibile (già specchiatissima ed illibata), necessario ai fini della iscrizione all´albo avvocati e al registro dei praticanti - ha affermato il CNF - va compiuta dal C.O.A. in modo autonomo ed indipendente anche dall´esito dell´eventuale procedimento penale che puo` aver coinvolto l´interessato, la cui condanna penale non comporta pertanto un´automatica inibizione dell´iscrizione. In ogni caso, non dovranno essere considerate, ne´ valutate, condotte che, per la loro natura o per la occasionalità o per la distanza nel tempo, o per altri motivi, non appaiano ragionevolmente suscettibili di incidere attualmente (cioè al momento in cui la condotta assume rilievo) sulla affidabilità del soggetto in ordine al corretto svolgimento della specifica funzione o attività.
Nella vicenda definita dalla pronuncia in commento, in applicazione del principio sopra esposto, il CNF ha rigettato il ricorso della Procura Generale avverso un provvedimento di re iscrizione all´albo di un avvocato che da tale albo era stato cancellato a seguito di procedimento disciplinare con il quale era stata irrogata, appunto, la sanzione della cancellazione. In particolare, il consiglio palermitano, motivava l´accoglimento della domanda di re iscrizione del legale affermando che "quanto ai fini dell´apprezzamento della sussistenza del requisito della condotta specchiatissima ed illibata il ricorrente ha riacquistato la perduta moralità, tenuto conto del tempo trascorso"
Avverso il menzionato provvedimento era stato proposto ricorso al CNF da parte del procuratore generale presso la Corte di Appello di Palermo, che ne aveva lamentato la motivazione apparente, non essendo stati indicati i fatti nuovi sui quali il Coa aveva fondato il proprio convincimento in ordine alla sussistenza del requisito della condotta specchiatissima ed illibata.
Con sentenza in data 17.10.2013, il Consiglio Nazionale, ritenuto che il Coa di Palermo avesse erroneamente reiscritto il legale, pur non essendo trascorso il termine di cinque anni dall´esecuzione del provvedimento di cancellazione, accoglieva il ricorso.
Avverso tale decisione aveva proposto ricorso per Cassazione ilprofessionista lamentando la violazione e la falsa applicazione dell´art. 47 del RDL 1578/33, applicato nel caso di specie pur essendo insuscettibile di applicazione analogica in malam partem, per essere dettato esclusivamente per le ipotesi di radiazione dall´albo, ipotesi più grave rispetto alla sanzione della cancellazione che il COA di Palermo gli aveva comminato. Lamentando inoltre l´erroneità del riferimento della sentenza impugnata al tempo necessario per la riabilitazione in sede penale, non avendo il Consiglio tenuto conto della modifica all´art. 179 c.p., che aveva ridotto da 5 a 3 gli anni necessari.
Con sentenza in data 13.5.2014 la Corte di Cassazione, ritenendo assorbiti il secondo e terzo, aveva accolto il primo motivo di ricorso e rinviato pertanto al Consiglio, formulando il seguente principio di diritto: "In presenza di una domanda di re iscrizione nell´albo degli avvocati di colui che abbia in precedenza subito la sanzione disciplinare della cancellazione, non trova applicazione, in via d´interpretazione analogica, l´art. 47 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 - secondo cui l´avvocato radiato dall´albo non puo` esservi nuovamente iscritto prima che siano trascorsi cinque anni dal provvedimento di radiazione - in quanto la cancellazione è sanzione meno grave della radiazione; tuttavia, il tempo decorso puo` essere autonomamente valutato ai fini dell´apprezzamento della sussistenza del requisito della condotta "specchiatissima ed illibata", che l´art. 17 del medesimo decreto richiede per l´iscrizione nell´albo".
Da qui l´atto di riassunzione con richiesta di inammissibilità del ricorso o, in via subordinata, di rigetto, richiamate le difese già svolte nel precedente grado, da parte del legale, e la sentenza.
Sentenza allegata