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Avvocati: l'attività professionale e l'utilizzazione della dicitura “Studio Legale” senza titolo

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Divieto di attività professionale senza titolo e la dicitura "Studio Legale"

La professione forense può essere svolta solo in presenza del conseguimento della relativa abilitazione e iscrizione all'albo. Ne consegue che costituirà illecito disciplinare «l'uso del titolo professionale non conseguito ovvero lo svolgimento di attività forense in mancanza di titolo o in periodo di sospensione» [1]. In punto, infatti, è stato ritenuto rilevante sotto il profilo deontologico il comportamento dell'avvocato che, nonostante la sospensione dall'esercizio della professione, depositi telematicamente le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. (Consiglio distrettuale di disciplina di Bologna, decisione n. 69/2018). La ratio del divieto in questione persegue la finalità della tutela e dell'affidamento della collettività. In questa prospettiva, pertanto, non appare «deontologicamente corretta l'utilizzazione della dicitura "Studio Legale" da parte di soggetti che, non essendo iscritti all'albo avvocati, non siano legittimati all'esercizio della professione per il mancato superamento del prescritto esame di stato» (CNF, pareri n. 44/2010 e n. 38/2009, decisione n. 52 del 21/3/2005, richiamati da CNF, parere del 16 marzo 2011, n. 41).

E ciò in considerazione del fatto che la dicitura in questione inserita sulla carta intestata:

  • costituisce un atto idoneo a ingenerare nei terzi il convincimento di conferire con un soggetto abilitato alla professione forense;
  • fa presupporre l'esistenza di un'organizzazione cui fanno capo dei professionisti che svolgono l'attività legale per effetto di un titolo definitivo e che, quindi, non svolgono il tirocinio forense meramente finalizzato, invece, alla partecipazione all'esame di stato.

Per tale motivo, pertanto, «il dichiararsi "titolare" di uno Studio Legale da parte di chi non sia professionalmente qualificato per svolgere tutte quelle attività che la legge attribuisce esclusivamente all'avvocato iscritto all'albo porta nella sostanza a prospettare, proprio in virtù dell'ampio significato della locuzione usata, una situazione diversa da quella reale dando un'informazione che non risulta coerente con la finalità della tutela e dell'affidamento della collettività». Ove vi fosse tale autoproclamazione, non si riuscirebbe più a distinguere tra il rapporto professionale che si verrebbe a instaurare con un praticante avvocato, titolare di uno status abilitativo provvisorio e limitato, e il rapporto che, invece, si verrebbe a instaurare con un avvocato abilitato a titolo definitivo. È evidente, dunque, che l'iscrizione nel registro dei praticanti avvocati non legittima l'utilizzazione della dicitura "Studio Legale" da parte di chi non è abilitato alla professione legale e non iscritto all'albo degli avvocati. L'uso improprio di detta dicitura costituisce – come su accennato – illecito disciplinare (CNF, parere n. 41/2011). 

Divieto di attività professionale senza titolo nella prassi

Si ritiene che:

  • «il professionista non abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori può collaborare con avvocati cassazionisti, anche nella redazione degli atti (c.d. "comparsista"), purché tale collaborazione professionale non dissimuli in realtà un'attività defensionale vera e propria, ovverosia attuata a diretto favore del cliente per il mero tramite formale dell'avvocato abilitato, così eludendo il limite per il quale è imposta l'iscrizione all'albo speciale (nel caso di specie, l'avvocato aveva redatto il ricorso poi sottoscritto e depositato da un cassazionista, mantenendo la gestione dei rapporti con il cliente, al quale aveva infine chiesto il relativo compenso)» (CNF, sentenza n. 226/2018);
  • costituisce comportamento rilevante sotto il profilo disciplinare, la condotta dell'avvocato che renda possibile, in modo diretto o indiretto, che soggetti non abilitati i) esercitino l'attività di avvocato o ii) traggano benefici economici da detto attività (CNF, sentenza n. 197/2017);
  • viola il divieto di attività professionale senza titolo, il praticante avvocato che agisce in giudizio oltre le competenze per materia e valore consentitegli dalla Legge «(Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della cancellazione dall'albo del praticante, nel frattempo divenuto avvocato)» (CNF, sentenza n. 90/2015).


Nota

[1]. Art. 36 Codice deontologico forense

«1. Costituisce illecito disciplinare l'uso di un titolo professionale non conseguito ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo o in periodo di sospensione. 2. Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento dell'avvocato che agevoli o, in qualsiasi altro modo diretto o indiretto, renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi l'esercizio abusivo dell'attività di avvocato o consenta che tali soggetti ne possano ricavare benefici economici, anche se limitatamente al periodo di eventuale sospensione dell'esercizio dell'attività. 3. La violazione del comma 1 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da sei mesi a un anno. La violazione del comma 2 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da due a sei mesi». 

 

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