Di Carmela Patrizia Spadaro su Mercoledì, 07 Novembre 2018
Categoria: Legge e Diritto

Lite tributaria tra compensazione e condanna alle spese di lite

Riferimenti normativi: art.15, commi 2 e 3, D.Lgs.n. 546/92 e D.Lgs. n.156/2015 – art.96 c.p.c.

Focus: Si può affermare che il legislatore con la riforma del processo tributario, attuata col D.Lgs.n.156/2015, nel regolamentare la disciplina per la compensazione delle spese nel processo tributario ha previsto la sussistenza di precise condizioni, ampliando però la discrezionalità del giudice nel disporre la condanna alle spese in caso di lite temeraria.In buona sostanza, come si evince dalla recente ordinanza della Cassazione n.25594 del 12/10/2018, il giudice tributario può sindacare la responsabilità discendente dal comportamento gravemente negligente e imprudente dell'Amministrazione finanziaria e del concessionario della riscossione, valutabile in sede processuale ai sensi dell'art. 96 c.p.c. Si è, dunque, consolidato un precedente orientamento delle sezioni unite della Corte Suprema secondo cui << il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale in modo che le ragioni giustificatrici di detto provvedimento risultino chiaramente e inequivocabilmente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito o di rito>>.

Principi generali: Il principio di soccombenza di cui all'art.91 c.p.c.<< per cui chi ha dato causa ad un giudizio con il proprio comportamento rivelatosi contra ius è tenuto a rifondere le spese anticipate dalla controparte>> esiste da antica data nel processo civile ed è stato integralmente recepito nel processo tributario. Infatti, ai sensi dell'art.15, comma 1, D.Lgs.n.546/92 "La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza". Con la riforma del processo tributario, a decorrere dall'1 gennaio 2016 la regolamentazione delle spese processuali è contenuta nel l'art.15, comma 2, D.Lgs.n. 546/92, che testualmente dispone: "Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate".

Ratio della norma: Fino alla riforma del 2015 nel processo tributario si sono susseguite diverse tendenze giurisprudenziali, ed, in particolare, dall'anno 2009 fino all'anno 2014 la compensazione delle spese era possibile (oltre che per soccombenza reciproca) solo nell'ipotesi di gravi ed eccezionali ragioni indicate nella motivazione.
Dal novembre 2014 al 1° gennaio 2016 era possibile (oltre che per la soccombenza reciproca) solo per le ipotesi di: a) assoluta novità della questione trattata o b) mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti.

La novità apportata dal legislatore all'art.15 è che dal 1° gennaio 2016 ad oggi la compensazione è possibile (oltre che per la soccombenza reciproca) solo per l'ipotesi di sussistenza di ragioni gravi ed eccezionali che devono essere espressamente motivate

La ratio della norma, quindi, consiste nell'esigenza di evitare un pregiudizio patrimoniale al diritto di colui che risulta vincitore. Infatti, "se da un lato si deve tener conto che la parte vittoriosa nel processo deve vedersi riconosciuto il proprio diritto di difesa integro e non diminuito delle spese di causa, dall'altro, si evidenzia che la parte soccombente ha l'onere di dimostrare di avere senza ragione causato una lite, o per avere proposto una domanda infondata o per avere ingiustamente resistito ad una domanda che era fondata".

Principio di soccombenza: Prima di proseguire è opportuno precisare che la parte vittoriosa deve essere individuata in relazione all'esito complessivo e finale della controversia giudiziaria che può essere determinato da motivi di merito o anche meramente proces-suali. In merito alla soccombenza è necessario evidenziare che essa deve essere valutata in senso oggettivo. La soccombenza può essere, altresì, totale, se sono rigettate tutte le domande proposte, o parziale, se sono rigettate alcune delle domande proposte. In tale ultimo caso, che comunque comporta una valutazione della lite nel suo complesso, il giudice, con valutazione discrezionale non sindacabile in sede di legittimità (salvo che sia fondata su ragioni illogiche e contraddittorie), può compensare parzialmente le spese di lite.

Motivazione della compensazione di spese: Con l'ordinanza n. 25594 del 12/10/2018 la Corte Suprema pronunciandosi favorevolmente alla parte ricorrente "ha riconosciuto illogicamente manifesta la motivazione del giudice tributario di prime cure, confermata in appello, che aveva disposto, nei confronti di un contribuente risultato integralmente vittorioso in primo grado, la compensazione delle spese perché sussistenti validi motivi senza che gli stessi potessero essere desunti o riconosciuti dal contesto della motivazione". Secondo la Cassazione << risulta assolutamente inidoneo a consentire il controllo sulla congruità delle ragioni idonee a giustificare la compensazione delle spese di lite il riferimento alla natura della stessa, così come quello al valore modesto della controversia, atteso che proprio nel caso in cui l'importo delle spese di lite risulti tale da vanificare il pregiudizio economico che la parte ha inteso evitare, l'immotivata compensazione delle spese finisce col pregiudicare il concreto esercizio del diritto di difesa garantito dall'art.24 Cost.>>

Lite temeraria: Con il comma 3 del citato art.15 (innovato dal D.Lgs.n.156/2015 a decorrere dal 01/01/2016) è stata introdotta ufficialmente nel processo tributario la responsabilità aggravata per lite temeraria, prendendosi atto della costante interpretazione giurispru-denziale che già la riteneva applicabile sulla base del generico rinvio alle norme del pro-cesso civile contenuto nell'art.1, comma 2, del D.Lgs.n.546/92.

In particolare, nel caso di specie esaminato dalla Corte Suprema si è osservato che nel comportamento contra ius dell'agente di riscossione è ravvisabile il nesso di causalità che fa propendere per la soccombenza e la condanna alle spese per aver quest'ultimo notificato l'avviso di mora senza aver previamente notificato la cartella di pagamento, inducendo il contribuente ad instaurare una controversia che si sarebbe potuta evitare.

Il disposto dell'art.15, comma 3, del D.Lgs.n.546/92 contiene un rinvio puro e semplice all'art. 96, commi 1 e 3, c.p.c. che, sotto il titolo responsabilità aggravata, disciplina due distinte ipotesi di condanna del soccombente, ulteriori ed accessorie rispetto alla condanna alle spese di lite, ipotesi che hanno in comune solo la funzione di scoraggiare l'abuso del processo, anche se fino ad oggi sono state incomprensibilmente ed illegittimamente scarsamente applicate.
La prima ipotesi è così testualmente definita dall'art.96,c.1, c.p.c. "Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza".
Nel terzo comma del cit. art.96 è invece disposto che "In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'art.91, il giudice, anche di ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata". Pertanto le due ipotesi si configurano quando la pretesa e gli argomenti dedotti a sostegno della stessa sono palesemente infondati o insostenibili sia in fatto che in diritto e l'infondatezza è sorretta da mala fede o colpa grave. Pur essendo diverse esse hanno in comune la ratio di prevenire, scoraggiando, le liti temerarie, ovvero le azioni meramente dilatorie o pretestuose che configurano l'abuso del processo.

La competenza del giudice tributario, in conclusione, si estende anche al risarcimento dei danni morali cagionati al contribuente, sia per la reiterata resistenza in giudizio da parte della Amministrazione procedente consapevole dell'infondatezza della pretesa, sia per le dannose conseguenze del mancato tempestivo sgravio.

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