Di Rosalba Sblendorio su Sabato, 05 Ottobre 2019
Categoria: Deontologia forense: diritti e doveri degli avvocati

La lealtà e la correttezza dell'avvocato: quando la violazione è deontologicamente rilevante?

La violazione dei doveri di lealtà e correttezza tra colleghi e la lesione dell'immagine dell'avvocato

L'avvocato nell'esercizio della sua professione deve agire con lealtà e correttezza non solo nei confronti dei colleghi e delle parti, ma anche nei confronti delle istituzioni forensi [1] [2]. Si tratta di un dovere «la cui violazione, da accertarsi secondo le concrete modalità del caso, dà luogo a procedimento disciplinare». Anche il solo tentativo di violare tale dovere costituisce di per sé una scorrettezza disciplinarmente rilevante in quanto lesiva dell'immagine dell'avvocato (Cass. civ. Sez. Unite, n. 27996/2013). La ratio è da rinvenirsi nel rilievo sociale della professione forense, il cui esercizio deve sempre ispirarsi ai principi di colleganza e della corretta e leale concorrenza.

Ne consegue che la violazione del dovere in questione non potrà essere giustificata neanche invocando il dovere di difesa. E ciò in considerazione del fatto che« la difesa del proprio cliente non può travalicare i limiti della rigorosa osservanza delle norme disciplinari e del rispetto che deve essere sempre osservato nei confronti della controparte, del suo legale e dei terzi, in ossequio ai doveri di lealtà e correttezza e ai principi di colleganza» (CNF, sentenza n. 10/2017).

Il dovere di lealtà e correttezza nella prassi e nella giurisprudenza

È stato ritenuto che:

Note:

[1] Art. 19 Codice deontologico forense:

«L'avvocato deve mantenere nei confronti dei colleghi e delle Istituzioni forensi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà».

[2] Art. 88 c.p.c.:

«Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità. In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di essi».

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