Di Rosalia Ruggieri su Giovedì, 20 Maggio 2021
Categoria: Il meglio della Giurisprudenza 2021

Infedeltà del coniuge, Cassazione: “I messaggi giustificano l’addebito”

Con la pronuncia n. 12794 dello scorso 13 maggio in tema di adulterio e addebito della separazione, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha confermato una pronuncia di addebito a carico del marito infedele, ritenendo provata l'asserita infedeltà sulla scorta del contenuto di taluni messaggi telematici che l'uomo aveva inviato, ove esprimeva frasi amorose e dimostrative della relazione sentimentale.

Sul merito della questione aveva statuito, inizialmente, il Tribunale di Pistoia che, pronunciandosi sulla separazione personale dei coniugi, addebitava la stessa al marito.

L'uomo, difatti, intratteneva una relazione con altra donna, così come era emerso nel corso dell'istruttoria sulla base di una confessione stragiudiziale resa dal marito e confermata sia dal contenuto inequivoco dei messaggi acquisiti al giudizio, sia dal percorso di mediazione coniugale avviato dei coniugi e non pervenuto a buon fine. 

 La decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Firenze, la quale riteneva raggiunta la piena prova delle violazioni dei doveri familiari commesse dal marito.

I giudici di appello, nel confermare l'operato del giudice di primo grado, ritenevano che dalle comunicazioni telematiche fosse possibile risalire, attraverso un procedimento induttivo, al fatto ignoto, costituito dalla relazione extraconiugale; la Corte territoriale, inoltre, rilevava che il marito, in primo grado, non aveva mai contraddetto la riferibilità alla sua persona dei messaggi relativi a frasi dimostrative di una relazione sentimentale.

L'uomo, ricorrendo in Cassazione, eccepiva come, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del gravame, aveva in più occasioni smentito di essere l'autore dei messaggi inoltrati per via telematica attestanti l'esistenza della relazione extraconiugale. L'istante lamentava, inoltre, che l'esame degli indizi emersi nel corso del procedimento non avevano i connotati della gravità della precisione e della concordanza, tenuto conto anche del rapporto di parentela intercorrente tra i testi escussi e l'ex moglie.

La Cassazione non condivide le tesi difensive del ricorrente.

La sentenza in commento rileva come, già nel corso del giudizio di primo grado, si fosse provata l'infedeltà del marito sulla base di elementi di prova non indiziaria, quali le comunicazioni telematiche contenenti espressioni dal significato inequivocabile, ovvero frasi amorose e dimostrative della relazione sentimentale, nonché dalla confessione stragiudiziale del ricorrente che aveva ammesso la propria relazione extraconiugale e di non poterla interrompere.

Sulla scorta degli accertamenti, così come insindacabilmente condotti dai giudici di merito, la Cassazione riconosce la legittimità della pronuncia di addebito della separazione al marito, specificando come le censure prospettate dal ricorrente sull'attendibilità dei testi escussi, sul tenore della confessione stragiudiziale e sul contenuto delle conversazioni telematiche – risolvendosi nella sollecitazione di un nuovo accertamento di merito sui presupposti della pronuncia di addebito – impongono l'esecuzione di un nuovo accertamento di fatto precluso in sede di legittimità.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità e al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso. 

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