Di Piero Gurrieri su Mercoledì, 16 Luglio 2025
Categoria: Editoriali

Ripristino dei vitalizi? Legalizzazione della disuguaglianza, ergo sfida alla Costituzione

Mentre il Paese arranca tra salari stagnanti, famiglie sotto la soglia di povertà e giovani costretti a emigrare, si consuma nelle stanze dorate di Montecitorio una farsa restauratrice. Un nutrito gruppo di ex deputati – già beneficiari di trattamenti pensionistici privilegiati – ha presentato ricorso contro la delibera con cui nel 2018 l'Ufficio di Presidenza della Camera, presieduto allora da Roberto Fico, aveva tagliato drasticamente i vitalizi, ricalcolandoli secondo il metodo contributivo.

Domani, il Collegio d'appello interno di Montecitorio, composto da rappresentanti delle forze politiche, è chiamato a decidere. Si tratta di ore decisive. E di una prova non solo di diritto, ma di etica pubblica. Riguardo alle quale, purtroppo, è difficile essere ottimisti perchè il tesoretto fa gola, e a quasi tutti.

Il principio di diritto invocato dagli ex deputati e senatori è quello dell'intangibilità dei diritti acquisiti. Ma qui non si tratta di diritti, ma di privilegi. Non si tratta di pensioni maturate con decenni di contributi, ma di trattamenti che per anni hanno beneficiato di una generosa ingegneria normativa, con soglie temporali irrisorie e importi del tutto scollegati dalla contribuzione reale. L'abolizione del vitalizio, per queste ragioni, non fu un atto punitivo, ma di equità costituzionale. Un allineamento ai princìpi della giustizia sociale sanciti dagli articoli 3 e 53 della Carta. 

Il loro ripristino, in questo contesto, sarebbe un messaggio devastante. Arriverebbe dopo l'inaccettabile aumento degli stipendi di ministri e sottosegretari, nel momento in cui un milione di persone sopravvivono grazie alle mense della Caritas, il ceto medio è in difficoltà, un'intera generazione non ha più fiducia nella Repubblica.

Non si può ignorare l'elemento centrale di questa vicenda: la funzione pubblica è un servizio temporaneo e onorevole, come la Costituzione impone. La politica non può essere – e non deve tornare a essere – il luogo della rendita garantita, del privilegio autoferenziale. Il Collegio d'appello di Montecitorio ha quindi una responsabilità che va oltre il diritto: deve parlare al Paese, deve dimostrare che le Istituzioni sanno ancora riconoscere l'interesse generale, e che non intendono voltare le spalle a quella che resta la più alta forma di legalità costituzionale: la giustizia sociale. 

Un'eventuale decisione favorevole agli ex segnerebbe una sconfitta morale per l'intero Parlamento, e getterebbe un'ombra cupa su ogni discorso di sobrietà, rigore e servizio. Non possiamo permettere che accada.