Di Piero Gurrieri su Martedì, 08 Ottobre 2019
Categoria: Editoriali e Articoli del Direttore

Nel nome di Giuseppe, di Giovanni, di noi popolo: Brusca rimane in galera, possiamo ancora credere nella Giustizia

Ditelo a tutti. Nel nome di Giuseppe, di Giovanni e di Francesca, delle sue duecento vittime, del popolo italiano.

La Suprema Corte di Cassazione ha, nella notte deciso, anche se ufficialmente si saprà solo tra qualche ora: Giovanni Brusca, il "macellaio", rimarrà in carcere per l'intera durata della sua pena. Respinta la richiesta dei domiciliari presentata dalla sua difesa e noi ne siamo felici. 

Una pronuncia diversa, di accoglimento, sarebbe stata la sconfitta dello Stato, di quanti sono caduti da eroi, dei propri cari che ancora li rimpiangono, delle persone oneste. Sarebbe stata per milioni di cittadini la definitiva abdicazione della magistratura al compito di amministrare giustizia. Grazie alla saggezza dei giudici, così non è stato. Rimangono le parole di apertura che mai avremmo voluto udire da uomini di prestigio delle istituzioni, parole rispetto alle quali Maria Falcone, la signora Montinaro e molti altri hanno fatto bene a prendere le distanze. 

Usciamo da questa parentesi dal sapore kafkiano più forti, più decisi a combattere le mafie, che significa soprattutto assicurare una pena certa, e dura, a chi ha depredato e massacrato. Lo dico con la mia toga di avvocato addosso, pensando alle toghe insanguinate di Giovanni, Francesca, Paolo, Cesare, Antonino, Rocco, Rosario: nessuna clemenza per costoro.

Lo Stato non può consentire a tutti quelli che, come Brusca, si sono macchiati di crimini di tal fatta, di godere di sconti e benefici, quanto meno quando l'applicazione degli stessi non sia necessitata. Si faccia anzi una legge per escludere mafiosi e terroristi da queste premialità. Lui, il macellaio, e quelli come lui, rimangano in carcere fino all'ultima ora dell'ultimo giorno della pena che siano stati condannati a scontare. Con umanità, perchè siamo uomini e non bestie, ma fino in fondo.

 Ed infine, per favore, basta con questa storia del "ravvedimento" che non deve incrociarsi con la giustizia ma appartiene semmai alla coscienza, quel sacrario segreto all'interno del quale ciascuno può ascoltare la sua voce e, per chi crede, anche quella di Dio. Brusca si è ravveduto? Cominci a chiedere perdono ai familiari delle vittime dato che finora non ha ritenuto di farlo, e se crede anche a Dio, davanti al cui Tribunale un giorno sarà chiamato a comparire. Ma non pretenda altro, sconti, benefit e affetti domestici. Quelli che ha negato alle sue vittime. Si compiaccia della nostra civiltà, di essere ancora vivo.

Oggi siamo felici, anche perchè possiamo ancora credere nella Giustizia. Ripetiamo le parole espresse ieri, quando ancora non sapevamo. Il piccolo Giuseppe non può parlare, Giovanni e Francesca neppure. Del primo nulla è rimasto, il ricordo del secondo cammina sulle gambe dell'Italia onesta. Quella che adesso si compiace che lui, Giovanni Brusca, il macellaio, non lascerà il carcere, che già considera un abominio che non debba rimanerci per il resto dei suoi giorni. Che sta con Maria, che ha girato le scuole nel ricordo del fratello, e che ha detto no, a nome di tutte le vittime innocenti, ed anche mio, ed anche nostro.
Piero Gurrieri