Di Giulia Zani su Venerdì, 08 Maggio 2020
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

La figura del delinquente professionale

Con la sentenza in commento, la n. 13463, depositata lo scorso 30 aprile, la quarta sezione della Corte di Cassazione ha precisato i termini per la dichiarazione di professionalità.

L'art. 105 c.p. prevede che "Chi, trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità, riporta condanna per un altro reato, è dichiarato delinquente o contravventore professionale, qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, debba ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato".

La disposizione contempla una figura di pericolosità qualificata cui corrisponde a una specifica realtà sociologica e persegue una finalità special - preventiva. 

Richiamando la relazione ministeriale la Corte ricorda che la distinzione tra abitualità e professionalità trova il suo fondamento nella realtà della vita sociale, "[…] accomunare i due tipi sarebbe stato non equo, perchè ognuno sente come il delinquente che vive del provento delle sue malefatte sia una figura molto più ignomindosa dell'abituale [...]".

Secondo la lettera della disposizione, però, non occorre la commissione di un altro reato rispetto a quelli già necessari per la dichiarazione di abitualità. 

Presupposto imprescindibile per la configurazione della professionalità (che la distingue per specialità dalla abitualità) è invece rappresentato dall'accertamento giudiziale che il reo "viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato".

La Cassazione infatti ritiene che la pericolosità qualificata di tale figura trovi il suo fondamento nel "sistema di vita" del reo che trae fonte di guadagno pressochè costante dalla reiterazione di azioni criminose. 

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