Di Piero Gurrieri su Giovedì, 02 Ottobre 2025
Categoria: Editoriali

L'abbordaggio della Flottilla e la ferita al diritto internazionale

Ci sono momenti in cui la verità non può più essere taciuta. L'abbordaggio della Flottilla non è solo un episodio inquietante di cronaca: è uno schiaffo al diritto internazionale, una ferita che non può non interrogare le coscienze di chi governa e di chi, con il silenzio, diventa complice.

Il diritto del mare parla chiaro. L'art. 87 della Convenzione di Montego Bay delle Nazioni Unite sul diritto del mare afferma: «L'alto mare è aperto a tutti gli Stati, sia costieri sia privi di litorale. La libertà dell'alto mare viene esercitata secondo le condizioni sancite dalla presente Convenzione e da altre norme del diritto internazionale. Essa include, tra l'altro, sia per gli Stati costieri sia per gli Stati privi di litorale, le seguenti libertà: ... a) libertà di navigazione».

Una nave civile in acque internazionali - esattamente quelle in cui è avvenuto l'abbordaggio - gode dunque di un diritto sacrosanto: poter navigare libera. Israele non poteva fermarla, non poteva abbordarla, non poteva intimidirla. L'ha fatto soltanto violando la legalità internazionale.

E non è tutto. La Convenzione Quarta di Ginevra del 1949 al suo art. 23 dichiara: «Ciascuna Parte contraente accorderà il libero passaggio per qualsiasi invio di medicamenti e di materiale sanitario, come pure per gli oggetti necessari alle funzioni religiose, destinati unicamente alla popolazione civile di un'altra Parte contraente, anche se nemica». E all'art. 33 ammonisce: «Nessuna persona protetta può essere punita per un'infrazione che non ha commesso personalmente. Le pene collettive, come pure qualsiasi misura d'intimazione o di terrorismo, sono vietate».

Sono parole di cristallo, scritte dopo la tragedia delle guerre mondiali, per impedire che gli innocenti pagassero per colpe non loro. Eppure oggi le vediamo calpestate: un intero popolo affamato, malato, privato di cure. Civili trucidati sol perchè in fila alla ricerca di cibo. Navi cariche di medicinali fermate con le armi. Non è esercizio del diritto di difesa o garanzia di sicurezza ma condotta illegale, nell'uno e nell'altro caso. 

E allora diciamolo: non ha più senso discutere del merito, se si condividano o meno le decisioni di merito della Flottilla. Il punto non è infatti questo, ma il principio, il rispetto delle regole e della legge. Il diritto non è questione opinabile, nè un argomento di parte. È la condizione minima della convivenza internazionale. Chi lo viola non mette a rischio solo i civili di Gaza, ma la credibilità stessa della comunità internazionale.

Siamo davanti a un bivio. Il Governo italiano, come quelli della Comunità internazionale, sono arrivati a un bivio. O sceglieranno di difendere le regole che proteggono i popoli, oppure sceglieranno di tacere. Ma chi tace, chi si volta dall'altra parte, chi giustifica con equilibrismi o convenienze geopolitiche, si rende complice della violazione.

La Flottilla ha compiuto un atto forte, e ha ricordato al mondo che il diritto non può piegarsi alle armi. Che la forza del diritto non può cedere al diritto della forza. Che il mare non appartiene ai più forti, ma a tutti, fino almeno al limite delle 12 miglia superato il quale si apre lo spazio delle acque territoriali, ed entro questo spazio abbordare e affondare le navi e arrestare persone è condotta criminale di criminali, anche se a rendersene protagonista è uno Stato, anche se quello Stato è Israele, anche se il popolo di quello Stato ha subito, in passato, una immane tragedia.