Di Piero Gurrieri su Martedì, 01 Luglio 2025
Categoria: Editoriali

Bologna, finalmente la verità, ma il male rimane dietro l'angolo

Questo era ciò che rimaneva della stazione di Bologna, dopo. Ci sono date che non hanno bisogno di essere spiegate. Bastano da sole, nude, per far tremare la voce. Il 2 agosto 1980 è stata una di quelle: 85 morti, oltre 200 feriti, una stazione dilaniata, una Repubblica colpita, ferita al cuore. Le lancette dell'orologio, inchiodate alle 10.25, raccontano ancora il momento esatto in cui la storia d'Italia cambiò per sempre. 

Quel giorno, la più grave strage dell'Italia repubblicana si consumò nel pieno dell'estate. Caldissima come quelle della mia Sicilia, ancora di più. Quei corpi carbonizzati, i soccorritori tra le macerie, i familiari che gridavano i nomi dei padri e delle madri, dei fratelli e delle sorelle, dei figli e dei nipotini, e piangevano, in silenzio e con dignità, perchè tutto era ormai compiuto, e nulla rimaneva da poter sperare: tutto questo resta inciso nella memoria di una generazione. Ma non bastò quel dolore, perchè se ne aggiunse altro. Ci vollero decenni di indagini, deviazioni, depistaggi di servizi deviati, mezze verità, di una lotta incessante contro l'oblio e contro le coperture politiche, governative, istituzionali che per troppo tempo hanno sottratto alla giustizia i responsabili.

Oggi, 1 luglio 2025, è un giorno che merita di essere inciso anch'esso nella memoria collettiva. La Corte di Cassazione ha confermato l'ergastolo per Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia Nazionale, accusato di concorso nella strage con gli ex Nar Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini. Pensate, dopo 45 anni, si chiude definitivamente il capitolo processuale sugli esecutori materiali di quella strage.

È una decisione che pesa come una pietra, e che deve chiamare ogni cittadino, ogni istituzione pubblica, a interrogarsi su quanto lungo e faticoso sia stato il cammino verso la verità, e su quanti sono morti ancora, una seconda volta, nel silenzio, nella rimozione, travolti dalle complicità. Perché la strage di Bologna, come quella di Piazza Fontana, dell'Italicus, di Piazza della Loggia, non fu solo un crimine. Fu un progetto politico eversivo, un attacco nero alla democrazia, al cuore dello Stato. E bisogna che sia finalmente chiaro, e guidarlo, che chi lo ha compiuto, e chi ne ha coperto i mandanti, non è stato un cane sciolto, ma l'ingranaggio di una macchina più grande, protetta, silenziata, inquietante.

Oggi la giustizia ha chiuso il capitolo, ma essa non bastare. Serve la memoria. Una memoria militante. Che sappia dire ai giovani, nella mia Vittoria, nel profondo Sud, a Bologna e al Nord, in ogni angolo sperduto del Paese, che non è vero che il male è passato, ma che esso può sempre tornare. Ed è già qui, non con le bombe nascoste nelle valigie, ma con i discorsi d'odio, con la delegittimazione delle istituzioni e della magistratura, con l'idea che la violenza, i missili e le bombe possano risolvere i conflitti.

Bologna è stata, è adesso, continuerà ad essere. Come Marzabotto, come i luoghi della Resistenza. È stata, è e rimarrà una lezione, perchè sia per sempre bandita la violenza politica, e ogni tentativo di riscrivere la storia, perchè i ragazzi e le ragazze sappiano cosa accadde in quella stazione. Qusnto a noi adulti, non dimenticheremo mai. E non permetteremo che accada di nuovo.