Imagoeconomica_1539267

Con la pronuncia n. 8580 dello scorso 27 marzo, la sezione lavoro della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, in tema di infortunio sul lavoro, sul danno differenziale, ha precisato che le recentissime riforme in tema di rivalsa dell'Inail sul responsabile civile non hanno portata retroattiva, sicché "le modifiche dell'art. 10 del D.P.R. n. 1124 del 1965, introdotte dall'art. 1, comma 1126, della L. n. 145 del 2018, non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima dell'1.1.2019, data di entrata in vigore della citata legge finanziaria".

I chiarimenti operati dalla Cassazione prendono spunto dalla morte di un uomo per mesotelioma pleurico contratto per l'esposizione del dipendente all'inalazione di fibre di amianto.

Gli eredi – cui era stata già riconosciuta la rendita Inail per malattia professionale – adivano in giudizio il datore di lavoro, al fine di ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti, sia iure proprio che iure hereditatis, correlati al decesso.

La Corte d'appello di Roma applicava le tabelle per la liquidazione del danno biologico da invalidità permanente del Tribunale di Roma, riconoscendo una personalizzazione del danno, per le componenti di danno morale e danno da perdita della vita, nella misura del 50%.

Ricorrendo in Cassazione, il datore di lavoro censurava la sentenza nella parte in cui non aveva detratto dal danno biologico liquidato iure hereditatis la rendita riconosciuta e corrisposta dall'Inail alla vedova del lavoratore deceduto.

La Cassazione, non condivide le doglianze del ricorrente.

Gli Ermellini chiariscono, infatti, che il danno non patrimoniale spettante iure hereditatis non rientra tra le voci indennizzabili dall'Inail: in particolare, la rendita erogata dall'Inail in favore dei superstiti, costituisce risarcimento del danno patrimoniale subito in dipendenza della morte del congiunto ed attiene quindi ad una voce eterogenea rispetto al danno non patrimoniale riconosciuto nel caso di danno iure hereditatis, come tale neanche astrattamente scomputabile, posto che lo scomputo esige la omogeneità dei pregiudizi e delle corrispondenti poste. 

 La sezione lavoro – precisando che il motivo di ricorso va analizzato alla luce del previgente art. 10 del D.P.R. 1124/1965 – coglie l'occasione per compiere alcune considerazioni sulle modifiche del summenzionato articolo a seguito della legge 145/2018 (finanziaria per il 2019).

In particolare, la legge n. 145 del 2018 ha inciso sui criteri di calcolo del danno cd. differenziale, modificando le voci da prendere in esame per determinare il quantum che il responsabile civile è tenuto a risarcire quale posta di danno che supera l'indennità liquidata all'infortunato o ai suoi aventi diritto dall'Inail (e, correlativamente, modificando il quantum di ciò che l'Inail può pretendere in via di regresso nei confronti del responsabile civile).

Nel sistema previgente, infatti, il danno differenziale, era calcolato secondo un computo per poste omogenee: dalle singole componenti, patrimoniale e biologico, di danno civilistico spettante al lavoratore venivano detratte distintamente le indennità erogate dall'Inail per ciascuno dei suddetti pregiudizi; ne derivava che dall'ammontare complessivo del danno biologico doveva detrarsi non già il valore dell'intera rendita erogata dall'INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare il danno biologico, con esclusione della quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa dell'assicurato, volta all'indennizzo del danno patrimoniale.

La finanziaria del 2019, invece, ha reso indifferente la natura (biologica o patrimoniale) delle voci del risarcimento del danno civilistico e dell'indennità Inail tra cui operare la detrazione ai fini del calcolo del danno differenziale, in quanto adotta un criterio di scomputo "per sommatoria" o "integrale", anziché "per poste", con conseguente diritto di regresso dell'Istituto per "le somme a qualsiasi titolo pagate".

Ciò implica delle inevitabili ripercussioni sulla integralità del risarcimento del danno alla persona – perché oggi l'obbligo risarcitorio del datore di lavoro comprende unicamente la parte che eccede tutte le indennità liquidate dall'Inail, ai sensi dell'art. 66 del T.U. e dell'art. 13, D.Lgs. n. 38 del 2000 – sicché è doveroso chiedersi se la nuova normativa abbia portata retroattiva.

La sentenza in commento esclude che siffatta portata.

Gli Ermellini, infatti, qualificano la nuova legge come norma innovativa – e non semplicemente interpretativa – in quanto l'attuale sistema indennitario Inail è il frutto di una complessa stratificazione, realizzata attraverso l'intervento sul testo originario di numerose innovazioni normative che non hanno mai implicato insanabili incertezze e contrasti interpretativi.

Ciò chiarito, in base al principio di irretroattività che regola la successione tra norme, la norma sopravvenuta è inapplicabile ai rapporti giuridici già esauriti e a quelli ancora in vita alla data della sua entrata in vigore, ove tale applicazione si traduca nel disconoscimento di effetti già verificatisi ad opera del pregresso fatto generatore del rapporto, ovvero in una modifica della disciplina giuridica del fatto stesso" (Cass. n. 3845 del 2017).

Sul punto, la Corte rileva che – posto che il danno, nella sua composita struttura, costituisce conseguenza dell'infortunio o della malattia professionale – l'applicazione della nuova normativa ai giudizi in corso comporterebbe una modifica degli effetti ricollegabili agli infortuni o alle malattie professionali verificatisi o denunciati prima dell'entrata in vigore della stessa, con conseguente violazione del divieto di retroattività di cui all'art. 11 delle preleggi.

D'altra parte, l'applicabilità delle modifiche normative ai giudizi in corso – oltre ad essere esclusa dallo stesso articolo 1, comma 1126, della citata legge (il quale, proprio in correlazione con le nuove regole sul calcolo differenziale, attua la revisione delle tariffe, ancorando le modifiche alla data di entrata in vigore della legge) – risulterebbe distonica anche rispetto ai criteri di ragionevolezza e di interpretazione logico sistematica, oltre che contraria con i principi desumibili dalla Carta costituzionale e dalla Carta Edu: difatti, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente interpretato le leggi modificative dei criteri legali di quantificazione del danno come operanti in relazione a fatti generatori successivi all'entrata in vigore delle leggi stesse.

Ne deriva, quindi, che – non applicandosi la legge finanziaria ai giudizi concernenti infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima dell'I.1.2019 – è fatta salva la normativa precedente che calcolava il danno differenziale secondo un computo per poste omogenee, con conseguente impossibilità di scomputare l'intera rendita erogata dall'Inail in favore dei superstiti, da quanto dovuto a titolo di danno iure hereditatis.

Il motivo di ricorso viene pertanto rigettato.