tributario

Riferimenti normativi: Artt. 456 -521 c.c.

Focus: La Corte di Cassazione con la recente sentenza n.37064 del 19 dicembre 2022 si è pronunciata sulla questione relativa ad un avviso di accertamento, notificato ai chiamati all'eredità dopo l'apertura della successione, divenuto definitivo per mancata impugnazione. L'atto impositivo costituisce, in tal caso, titolo esecutivo opponibile dai rinuncianti all'eredità?

Il caso: Nella fattispecie, i chiamati alla successione che avevano rinunciato all'eredità del defunto avevano impugnato una cartella di pagamento scaturente da un avviso di accertamento, emesso nei confronti del de cuius per l'anno 2006, che si era reso definitivo per mancata impugnazione. La sentenza di primo grado, che aveva rigettato il ricorso, era stata impugnata dai chiamati all'eredità dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. Quest'ultima, riformando la decisione del giudice prime cure, aveva escluso la responsabilità dei ricorrenti per i debiti tributari del de cuius perché avevano rinunciato all'eredità. Avverso tale decisione l'Agenzia delle Entrate e del Territorio hanno proposto ricorso in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, l'errore in cui era incorso il giudice di seconde cure nel ritenere i chiamati all'eredità esenti da ogni responsabilità per i debiti tributari del de cuius, con l'effetto di invalidare l'avviso di accertamento (emesso nei loro confronti dopo l'intervenuta rinuncia all'eredità) anche in assenza di impugnazione dinanzi al giudice tributario. 

La Suprema Corte, richiamando propria giurisprudenza, ha evidenziato che "nell'ordinamento vigente, l'apertura della successione non comporta l'acquisto della qualità di erede in favore dei successibili ex lege o ex testamento, ma soltanto l'acquisto della qualità di chiamato alla eredità. Ove avvenga l'accettazione, anche tacita, il chiamato si considera erede, e, in ogni caso, poiché l'onere di provare che il chiamato abbia accettato l'eredità incombe, ex art. 2697 cod. civ., su chi instaura il giudizio contro quest'ultimo, l'ente impositore avrebbe dovuto darne la prova. Si deve tener conto, infatti, del fatto che, in base all'art. 521 del cod. civ., chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato, e, poiché la rinunzia ha effetto retroattivo, il rinunciante non risponde dei debiti che fanno parte dell'asse ereditario sin dall'apertura della successione, ex art. 456 cod. civ..Tant'è che chi dichiara validamente di voler rinunziare all'eredità viene considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili (Cass. sent. n. 9186/2022).

Di conseguenza, la notifica dell'avviso di accertamento è un atto amministrativo che non può considerarsi vincolante nei confronti di un soggetto solo potenzialmente legittimato passivo dell'imposta, nel momento in cui venga accertato che tale potenzialità sia definitivamente venuta meno (Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2022, n. 11832). L'Amministrazione finanziaria, prima della notifica dell'atto impositivo, avrebbe potuto esercitare, in quanto creditrice, la potestà di far fissare un termine per l'accettazione dell'eredità (art. 481 cod. civ.) o far nominare un curatore dell'eredità giacente (art. 528 cod. civ.). E, una volta intervenuta la rinuncia, avrebbe potuto eventualmente impugnarla in presenza dei presupposti dell'art. 524 cod. civ. (Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2018, n. 13639; Cass., Sez. 6^-5, 29 aprile 2022, n. 13550; Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2022, n. 30761). Tenendo conto di tali forme di tutela, non può applicarsi l'art. 2941, n. 8, cod. civ., cioè la sospensione della prescrizione del credito vantato da terzi nei confronti del de cuius. Tale norma, infatti, per la sua eccezionalità, non è suscettibile di interpretazione analogica o estensiva al caso di specie. Quindi, secondo la Suprema Corte, è corretto l'operato della Corte di appello tenuto conto che l'avviso di accertamento, prodromico alla cartella di pagamento, era stato notificato dopo che il de cuius era deceduto ed i chiamati ex lege avevano rinunciato all'eredità. Pertanto, la Corte ha rigettato il ricorso confermando la legittimità dell'opposizione all'intimazione per rinuncia all'eredità.