Imagoeconomica_1373511

In materia di assunzione del personale docente nell'ambito di un piano di reclutamento per coprire posti comuni e di sostegno, vanno incoraggiate le procedure automatizzate utilizzate dalla pubblica amministrazione a tale scopo. Questo è quanto ha statuito il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2270 dell' 8 aprile 2019. I Giudici amministrativi, però, nell'affermare la positività di tali procedure in quanto in linea con l'attuale evoluzione tecnologica, hanno anche stabilito che esse devono conformarsi ai principi di imparzialità, trasparenza e pubblicità che regolano lo svolgersi dell'attività amministrativa.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta al Consiglio di Stato.

I fatti di causa.

I ricorrenti hanno lamentato che la procedura di assunzione rientrante nel piano straordinario autorizzato dalla legge n. 107/2015, «è stata gestita da un sistema informatico per mezzo di un algoritmo (il cui funzionamento sarebbe rimasto sconosciuto) ed è sfociata in provvedimenti privi di alcuna motivazione, senza l'individuazione di un funzionario dell'amministrazione che abbia valutato le singole situazioni ed abbia correttamente esternato le relative determinazioni provvedimentali». In buona sostanza, a loro parere, essi, in forza di tale sistema sono stati assunti in classi di concorso diverse da quelle in cui hanno maturato maggiore esperienza e punteggio.

È accaduto che, per rivendicare i loro diritti e interessi, hanno agito giudizialmente. In primo grado, il Tar, però, ha rigettato il loro ricorso.

Così il caso è giunto dinanzi al Consiglio di Stato. 

La decisione del CdS.

Innanzitutto, appare opportuno partire dall'esame della legge n. 107/2015. Essa ha autorizzato la P.A. ad attuare un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado, attraverso una procedura gestita da un sistema informatico, mediante algoritmo. Orbene, ad avviso dei Giudici amministrativi, questo tipo di procedure non sono da scoraggiare. E ciò in considerazione del fatto che un più elevato livello di digitalizzazione dell'amministrazione pubblica è fondamentale per migliorare la qualità dei servizi resi ai cittadini e agli utenti. Infatti, un processo decisionale mediante l'utilizzo di un algoritmo presenta molti vantaggi, soprattutto con riferimento a quelle procedure seriali, «implicanti l'elaborazione di ingenti quantità di istanze e caratterizzate dall'acquisizione di dati certi ed oggettivamente comprovabili e dall'assenza di ogni apprezzamento discrezionale». Tutto questo, secondo il Consiglio di Stato, è «conforme ai canoni di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa (art. 1 l. 241/90), i quali, secondo il principio costituzionale di buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.), impongono all'amministrazione il conseguimento dei propri fini con il minor dispendio di mezzi e risorse anche attraverso lo snellimento e l'accelerazione dell'iter procedimentale». I Giudici amministrativi, tuttavia, affermano che, sebbene l'automatismo sia positivo, non bisogna dimenticare che il ricorso ad esso non deve essere motivo di elusione delle regole alla base dell'attività amministrativa. E ciò in considerazione del fatto che «la regola tecnica che governa ciascun algoritmo resta pur sempre una regola amministrativa generale, costruita dall'uomo e non dalla macchina». 

Con l'ovvia conseguenza che la regola in questione ha una portata giuridica e amministrativa, anche se tradotta in forma matematica: portata, questa, che non le consente di violare i principi generali dell'attività amministrativa, quali quelli di pubblicità e trasparenza (art. 1 l. 241/90), di ragionevolezza, di proporzionalità.

Ma vi è più.

Il ricorso ad una procedura informatica non può prevedere soluzioni discrezionali, definite per i tutti i casi. La discrezionalità, in tali ipotesi, «è [...] da rintracciarsi al momento dell'elaborazione dello strumento digitale»: momento, questo, in cui è la P.A. che compone, ex ante, gli interessi contrapposti attraverso modalità di aggiornamento e perfezionamento dell'algoritmo. Da ciò discende che esso costituisce un vero e proprio atto amministrativo informatico e, pertanto, il meccanismo attraverso il quale esso si concretizza deve essere "conoscibile" e soggetto alla piena cognizione in tutti gli aspetti. L'eventuale illeggibilità e incomprensibilità di tale tipo d atto costituisce la violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e pubblicità.

Ciò premesso, tornando al caso di specie, a parere del Consiglio di Stato, la decisione automatizzata non è comprensibile in merito alle modalità con cui sono stati assegnati i posti disponibili. E questo, ad avviso dei Giudici amministrativi, costituisce di per sé un vizio tale da inficiare la procedura. Infatti, secondo gli stessi, «i risultati scaturiti dalla procedura automatizzata – di cui [...] non è dato comprendere i criteri che li hanno determinati – paiono porsi in contrasto con le disposizioni» di cui alla legge n. 107/2015.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Consiglio di Stato, ha accolto l'appello dei ricorrenti, riformando la sentenza di primo grado.