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Richiesta di trasferimento rifiutata per ben dodici volte: non è mobbing.

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La seconda sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6459/2023, ha rigettato il ricorso di un brigadiere della Guardia di finanza, che aveva agito nei confronti del Ministero dell'Economia e delle finanze, per ottenere il risarcimento dei danni riportati in conseguenza di reiterati e (a suo dire) immotivati dinieghi alle sue richieste di trasferimento.

Secondo i giudici amministrativi, nel pubblico impiego, i reiterati dinieghi alle domande di trasferimento presentate dal lavoratore (nella fattispecie in considerazione ben dodici) possono essere ritenuti sintomatici della sussistenza di una fattispecie di mobbing a condizione che ricorrente fornisca la prova che i dinieghi medesimi esulino dall'ordinaria gestione del rapporto di lavoro ed ineriscano nell'ambito di un sovrastante ed unitario disegno vessatorio e persecutorio posto in essere dall'amministrazione esclusivamente ed intenzionalmente in suo danno. 

  Infatti, prosegue la sentenza, nel lavoro pubblico, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro, oltre a dover essere accertata la presenza dei consueti elementi costitutivi del mobbing (molteplicità di comportamenti, evento lesivo della salute psicofisica, nesso eziologico tra condotta e lesione, prova dell'intento persecutorio), è altresì indispensabile che, sotto il profilo oggettivo, sifornisca la prova dell'esistenza di un disegno persecutorio tale da rendere tutti gli atti dell'amministrazione, compiuti in esecuzione del sovrastante disegno, non funzionali all'interesse generale a cui sono normalmente diretti.

Il lavoratore non può, dunque, limitarsi, davanti al giudice, ad allegare l'esistenza di specifici atti illegittimi, ma deve quanto meno evidenziare qualche concreto elemento di base dal quale il giudice amministrativo possa verificare la sussistenza nei suoi confronti di un più complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione.

Nella fattispecie in considerazione il lavoratore avrebbe, dunque, dovuto dimostrare che i dinieghi di trasferimento, in risposta alle dodici istanze presentate, rientrassero in un più ampio e preordinato progetto persecutorio che l'amministrazione aveva posto in essere al fine di danneggiarlo, ma, non avendo assolto tale onere, il Consiglio di Stato ha ritenuto tali atti afferenti alla fisiologica gestione del rapporto di lavoro, rigettando il ricorso. 

 

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