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Quesiti riguardanti l’attività di insegnamento e la libera professione.

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 Iniziamo dal primo quesito. Insegnamento e obbligatorietà della partita IVA.

Ci si chiede se sia obbligatoria la chiusura della stessa.

In particolare, il quesito riguarda i liberi professionisti che accedono all'insegnamento.

Questi ultimi, devono chiudere la partita IVA laddove si trovassero, ad esempio ad essere convocati per una supplenza e decidessero di accettarla?

Innanzitutto, occorre sottolineare che la legge è molto chiara al riguardo ed infatti le  regole stabilite dal diritto scolastico si discostano dal diritto pubblico in generale.

Infatti, se normalmente lavorare nelle Pubbliche Amministrazioni equivale a svolgere l'attività in modo esclusivo, in alcuni casi specifici che riguardano proprio l'ambito scolastico esistono delle eccezioni.

Difatti, il Decreto Legge n. 297 del 1994 riguardante il testo Unico delle disposizioni legislative, relative alle scuole recita all'articolo 50 quanto segue.

Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del dirigente scolastico, l'esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all'assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e che siano compatibili con l'orario di insegnamento e di servizio.

 Questo significa che, l'insegnante può continuare a svolgere la libera professione purché non vada a confliggere con le ore dedicate all'insegnamento.

Per poter svolgere tale attività occorre però il rispetto di una condizione e cioè l'autorizzazione del Dirigente scolastico sia che il docente lavori a tempo pieno, sia che abbia un contratto di lavoro part-time superiore al 50%.

Inoltre, tale norma vale per i docenti di ruolo, ma, anche per i precari e quindi a prescindere sia che si tratti di supplenze brevi che annuali, per tali ragioni la conseguenza naturale è il non obbligo di chiudere la partita IVA.

Unica prescrizione da rispettare, la necessaria autorizzazione da parte del dirigente dalla scuola e fare in modo che non ci sia coincidenza tra le ore dedicate.

Altro quesito che ci si pone di frequente è se possibile esercitare la professione forense e insegnare contemporaneamente.

Anche in questo caso la risposta è affermativa trattandosi di una eccezione rispetto alle norme relative all'incompatibilità.

Difatti, l'articolo 19 della legge n. 247/ 2012 stabilisce in deroga, che, l'esercizio della professione di avvocato è compatibile con l'insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nelle università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici.

 Nel corso degli anni, ulteriori precisazioni sono state fornite dalla giurisprudenza, che ha dettato alcuni principi ermeneutici della fonte primaria, per cui il docente/avvocato:

  • può svolgere attività di insegnamento unicamente in materie giuridiche;
  • non può assumere il patrocinio legale in controversie, ove risulti parte l'amministrazione scolastica;
  • non può assumere incarichi professionali conferiti dall'amministrazione scolastica.

L'articolo 19 della l. n. 247/2012 non riguarda gli avvocati iscritti all'albo già alla data di entrata in vigore della stessa legge il 2 febbraio 2013, per i quali si applica, invece, la disciplina previgente.

In tale caso il docente/avvocato, iscritto all'albo in data anteriore al 2 febbraio 2013, può continuare a esercitare la professione legale pur non insegnando discipline giuridiche.

La Corte di Cassazione, a tal proposito è intervenuta con sentenza 17 ottobre 2018, n. 26016 ed ha chiarito che l'insegnante di una scuola superiore può svolgere l'attività di avvocato, previa autorizzazione del dirigente scolastico, il quale, tuttavia, può impedire al docente/legale di assumere le difese in controversie in cui assume la qualifica di parte la stessa scuola di appartenenza ed ancora se ravvisi dei potenziali profili di interferenza.

 

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