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Quando i contrasti giurisprudenziali esonerano da responsabilità l'avvocato?

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Inquadramento normativo: Art. 1176 c.c.; Art. 2236 c.c.

La responsabilità dell'avvocato: L'avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del proprio cliente, ai sensi degli artt. 2236 e 1176 c.c., in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge ed, in genere, nei casi in cui, per negligenza o imperizia, compromette il buon esito del giudizio, mentre nelle ipotesi di interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità, a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave (v. Cass. n. 11906 del 2016) È tornata in punto la Corte di Cassazione con ordinanza n 4655 del 22 febbraio 2021, chiarendo che l'opinabilità della soluzione giuridica impone [...]al professionista una diligenza e una perizia adeguate alla contingenza, nel senso che la scelta professionale deve cadere sulla soluzione che consenta di tutelare maggiormente il cliente e non già danneggiarlo (Cass. nn. 4790/2014; 18612/2013; 8940/2013; 10454/2002, richiamate da Cass., n. 4655/2021).

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito dalla Suprema Corte.

La prestazione dell'avvocato e l'inadempimento: La prestazione di un avvocato ha ad oggetto un'obbligazione di mezzi e non di risultato. Questo sta a indicare che l'avvocato non deve garantire un certo risultato al cliente, ma, nel momento in cui assume l'incarico, deve adottare una condotta professionale diligente adeguata alla natura dell'attività esercitata, ragion per cui l'affermazione della sua responsabilità implica l'indagine positivamente svolta sulla scorta degli elementi di prova che il cliente ha l'onere di fornire circa il sicuro e chiaro fondamento dell'azione che dovrebbe essere proposta e diligentemente coltivata. Così agendo il professionista avrà la certezza morale che lo svolgimento di una diversa attività da quella effettivamente svolta non potrebbe portare effetti più vantaggiosi per il cliente medesimo (Cass. n. 1684/2005, richiamata da Cass., n. 4655/2021). 

Per tale motivo all'avvocato si richiede di rispettare, sia all'atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) i doveri di sollecitazione, dissuasione e informazione del cliente. In pratica, incombe sul professionista il dovere di:

  • rappresentare al suo assistito tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi;
  • di chiedere al cliente tutti gli elementi necessari o utili in suo possesso ai fini di un esame completo della questione. In tali casi, il professionista non deve limitarsi a raccogliere informazioni o assicurazioni dal cliente in merito alla fondatezza delle ragioni della pretesa, ma deve raccogliere ed esaminare elementi probatori idonei ad effettuare un'adeguata scelta difensiva. E ciò in considerazione del fatto che compito primario per l'avvocato è quello di approntare una linea difensiva in maniera prudente e diligente;
  • di sconsigliare la parte assistita dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole.

La responsabilità del professionista e i contrasti giurisprudenziali: Ove l'avvocato non fornisca un'informazione completa ed esaustiva di tutti i possibili risvolti della fattispecie e delle possibili strategie difensive, l'avvocato potrebbe essere ritenuto responsabile per i danni subiti dal cliente dall'esito infausto del giudizio, a nulla rilevando, in quest'ipotesi, l'assenso prestato dal cliente stesso alla linea difensiva adottata. Il menzionato assenso del cliente, infatti, esonererebbe da responsabilità il professionista ove fosse conseguente a una informazione completa ed esaustiva di tutti possibili risvolti della fattispecie e delle possibili strategie difensive. 

L'esaustività delle informazioni che l'avvocato deve fornire alla parte assistita si estende anche ai contrasti giurisprudenziali esistenti in merito a una determinata questione e all'opportunità di sollevare o meno in giudizio una determinata eccezione. In questi casi l'incertezza della giurisprudenza può costituire ragione di esclusione della responsabilità ove la mancata prospettazione di quella determinata eccezione sia il frutto di una scelta consapevole e ponderata del professionista, adottata all'esito di una compiuta informazione dei clienti. In buona sostanza, questi ultimi devono essere preventivamente posti in grado di vagliare l'opportunità e i possibili rischi di sollevare una eccezione che potrebbe essere ritenuta infondata. Ne discende che l'incertezza giurisprudenziale non può costituire una giustificazione a posteriori addotta (solo) nel giudizio di responsabilità promosso nei confronti dell'avvocato. In tale contesto la valutazione della diligenza professionale dell'avvocato non implica alcun giudizio sulla effettiva difficoltà o controvertibilità di una questione, ma si arresta a uno stadio anteriore, quello cioè della verifica che la scelta difensiva abbia effettivamente tenuto conto delle questioni prospettabili e sia stata adottata, all'esito di una compiuta informazione dei clienti, sulla base di una diligente e razionale ponderazione dei vantaggi e dei rischi a essa connessi. D'altro canto, occorre precisare che la responsabilità dell'avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva o omissiva, e il risultato derivatone (Cass. nn. 2638/2013;1984/2016, 13873/2020, richiamate da Cass., n. 4655/2021).  

 

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