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I consumi di shampoo legittimano l’accertamento ai parrucchieri?

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Riferimenti normativi: Art.39 D.P.R.600/73

Focus: E' legittimo l'avviso di accertamento emesso nei confronti del parrucchiere che sia fondato sul consumo degli shampoo eseguiti sui clienti. In tal senso si è espressa la Commissione Tributaria Regionale per il Lazio, sezione/collegio 7, sentenza n.2684 del 23/09/2020.

Principi generali: La Commissione tributaria regionale con la sentenza citata si è pronunciata in merito ad un accertamento induttivo - extracontabile emesso dall'Agenzia delle Entrate nei confronti di una società esercente i servizi dei saloni di barbiere, parrucchiere ed estetici. Nell'esercizio dell'attività di controllo l'amministrazione finanziaria fa ricorso al metodo dell'accertamento induttivo "puro", disciplinato dall'art. 39, c. 2, del D.P.R. n.600/1973, in presenza di gravi violazioni commesse dal contribuente ed espressamente previste dalla norma. Ciò si verifica quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione; quando alla dichiarazione non è stato allegato il bilancio con il conto dei profitti e delle perdite; quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate o le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. In particolare, nell'accertamento analitico-induttivo, l'attività di rettifica da parte dell'amministrazione finanziaria deve soddisfare i requisiti di presunzione grave, precisa e concordante, ai sensi dell'art.39, comma 1, lett.d), D.P.R.n.600/73, volta a dimostrare l'inattendibilità delle poste contabili e a quantificare l'evasione scaturente dall'occultamento di ricchezza imponibile del contribuente. Spetta, perciò, a quest'ultimo fornire la prova documentale che le presunzioni mancano dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Il caso: Nel caso di specie una società a responsabilità limitata, esercente servizi di barbiere, parrucchiere ed estetici, ha impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale un avviso di accertamento emesso nei suoi confronti dall'Agenzia delle Entrate per maggiori imposte Ires, Irap e Iva oltre interessi e sanzioni per l'anno 2014. La Commissione rigettava il ricorso per mancanza di prova o di elementi di fatto in grado di "scalfire" la ricostruzione dell'Agenzia delle Entrate. La società, di conseguenza, ha impugnato la sentenza sfavorevole dinanzi alla Commissione tributaria regionale eccependo, tra i vari motivi, oltre alla mancanza di motivazione della sentenza, in quanto tanto stringata da risultare inesistente, la mancanza di motivazione dell'avviso di accertamento. La ricorrente ha sostenuto l'illegittimità del metodo analitico-induttivo con il quale è stato condotto l'accertamento basato su presunzioni inconsistenti, quali la scarsa proficuità dell'attività di impresa, la consistente liquidità della cassa contante, i finanziamenti dei soci in contanti, e utilizzando come parametro il consumo di materie prime, quale lo shampoo usato, senza considerare l'autoconsumo, il sapone neutro utilizzato nei bagni e le scorte riportate nell'anno successivo che giustificano il reddito imponibile dichiarato al netto di iva. L'Agenzia delle Entrate ha chiesto il rigetto dell'appello deducendo la non obbligatorietà del contraddittorio amministrativo e la legittimità dell'accertamento basato sullo "shampometro", cioè  sul consumo di shampoo.

La Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l'appello in quanto destituito di fondamento poiché la denunciata stringatezza della motivazione della sentenza non equivale a mancanza della stessa in quanto contiene concisamente i motivi del rigetto. Pertanto, i giudici hanno ritenuto legittimo l'accertamento innanzitutto in quanto l'obbligo del contraddittorio preventivo all'accertamento deve considerarsi introdotto con il D.L.n.35/2019 (decreto crescita) dal 1°luglio 2020, e, quindi, solo facoltativo per l'anno accertato. In quanto alla metodologia adoperata dall'Ufficio, << l'accertamento analitico-induttivo è stato correttamente attivato in base all'anomalia dell'esercizio imprenditoriale: estrema esiguità di redditi e di utili a fronte del rilevante (per un esercizio di parrucchiere) monte ricavi (riportato rispetto all'anno in esame, il 2014)>>. Infatti, i maggiori ricavi sono stati dedotti da una rilevazione di fatto del consumo di materie prime come, nel caso, lo shampoo, cioè con un metodo analogo a quello del cosiddetto "tovagliometro", che la Cassazione ha ritenuto più volte idoneo e legittimo per gli accertamenti in materia di ristorazione, cioè del numero dei tovaglioli utilizzati dal ristoratore (Cass.sent.n.6058/2020). In base a tale orientamento, quindi, ai fini dell'accertamento analitico-induttivo, risulta pienamente valido il ricorso alla valutazione degli acquisti di materie di uso tipiche dell'attività di parrucchiere come lo shampoo.

 

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