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Casa vacanze in condomìnio: presupposti e divieti

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Riferimenti normativi: Artt.1571 c.c.- L.n.217/1983- L.n.431/1998- D.Lgs.n.79/2001.

Focus: L'attività di casa vacanze, cioè la locazione breve di un immobile ad uso turistico, determina una condizione di continuo ricambio della clientela. Se tale attività incide sulla tranquillità dell'edificio condominiale può essere impedito l'esercizio della stessa?

Principi generali: L'attività di casa vacanza consiste nella locazione turistica sporadica di immobili arredati, siano essi appartamenti, case, ville, per più periodi all'anno non superiori a tre mesi. Tale attività di locazione è imprenditoriale se si protrae nel tempo e se si è in presenza di una stabile organizzazione avente ad oggetto tre o più case o appartamenti. In mancanza di uno specifico divieto posto dal regolamento condominiale contrattuale, l'attività di casa vacanze può essere praticata in ambito condominiale senza preventiva approvazione dell'assemblea (Cass. sent. 24727/2014; Trib. Roma sent.n.17745/2016). Qualora vi sia un divieto contenuto nel regolamento contrattuale le clausole restrittive della proprietà esclusiva dei condòmini devono essere formulate in modo espresso o non equivoco per non lasciare alcun margine di incertezza sul loro contenuto e sulla loro portata (Trib. Milano sent. 22/02/2018). Ne consegue che se è vietato un uso dei locali di proprietà dei singoli condòmini diverso da quello abitativo, se è vietato darli in affitto o in subaffitto sotto forma di pensione o locanda, il divieto non potrà estendersi anche all'attività di casa vacanze se non elencata tra le attività vietate (Tribunale di Roma, sentenza n.17745/2016; Cassazione sentenza n.22711/2017). 

Tuttavia, anche se non si ravvisa un divieto espresso nel regolamento contrattuale va accertato, in concreto, se l'uso dell'immobile come casa vacanza altera l'esigenza di tranquillità che la norma regolamentare si impone di preservare. E' proprio da tale esigenza che ha preso le mosse la controversia sottoposta all'esame del Tribunale di Roma che si è pronunciato in materia con la recente sentenza n.8012 del 10 maggio 2021. Nel caso di specie, una condòmina aveva citato dinanzi al Tribunale la proprietaria di un immobile, ubicato all'interno del medesimo edificio, il cui conduttore, secondo la ricorrente, aveva violato il regolamento contrattuale vigente che conteneva il divieto di adibire gli appartamenti o parti di esso ad attività di locanda e/o albergo o comunque di ivi svolgere tutto ciò che potenzialmente possa procurare "eccessivo disturbo agli altri condomini". La ricorrente aveva convenuto in giudizio solo la proprietaria/locatrice dell'immobile in cui veniva esercitata l'attività di casa vacanza e non il conduttore. Riteneva, infatti, che la locatrice avrebbe potuto agire preventivamente verso il conduttore promuovendo azione di risoluzione del contratto e chiedendo la condanna al rilascio dell'immobile per intervenuto inadempimento del divieto posto nel regolamento contrattuale. La convenuta non si costituiva in giudizio ed il Tribunale, ritenuta manifesta l'inerzia della locatrice, ne dichiarava la contumacia riconoscendo la sua legittimazione passiva al giudizio, ferma restando quella del conduttore seppur non chiamato in causa.

Premesso ciò, i giudici procedevano alla comparazione tra la nozione di locanda, attività espressamente vietata nel citato regolamento, e la nozione di casa vacanze assimilabile a locanda per la sua natura di struttura ricettiva. Osservavano che la disposizione, contenuta nel citato regolamento, volta a preservare la tranquillità dei condòmini è da ritenersi valida ed efficace in quanto il regolamento non solo risultava trascritto ma era anche richiamato fedelmente nell'atto di acquisto della locatrice e dalla medesima, in detta sede, accettato. Trattandosi, inoltre, di clausole che diminuiscono gravemente le facoltà connesse al diritto di proprietà, intese quali restrizioni all'uso, è necessario che siano approvate al fine della loro opponibilità. Pertanto, anche la proprietaria/locatrice era tenuta all'osservanza di tale divieto negli spazi comuni. Considerato, perciò, che anche l'attività di casa vacanze determina una condizione di continuo ricambio della clientela, ovvero una rapida rotazione della stessa, che incide sulla tranquillità dell'edificio il Tribunale ha accolto il ricorso perché il bene che si è voluto tutelare con la norma regolamentare risulta violato. Di conseguenza, ha condannato la proprietaria/locatrice alla cessazione dell'attività di casa vacanze e ad attivarsi per il rilascio dell'immobile da parte del conduttore per inadempimento al divieto contenuto nel regolamento.

 

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