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 Con sentenza n.5705/2022 del 06/05/2022 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha affrontato il tema della tutela giurisdizionale in caso di illegittimo silenzio-rigetto formatosi sull'istanza di accesso agli atti relativi alla posizione contributiva dell'istante, al fine di verificare la sussistenza dei presupposti che legittimano l'istanza di accesso e la possibilità che il giudice si sostituisca alla P.A. ordinandole un facere (fonte https://www.giustizia-amministrativa.it/). 

Analizziamo la vicenda sottoposta all'attenzione del Tar.

I fatti di causa

Il ricorrente ha presentato istanza di accesso alla documentazione amministrativa relativa alla pratica concernente l'intervenuta "totalizzazione estera" in merito alla propria posizione contributiva. A fronte del silenzio-rigetto formatosi sull'istanza di accesso agli atti presentata all'Istituto, il ricorrente ha adito il Tar al fine di ottenere l'annullamento del suddetto silenzio-rigetto maturato per il decorso il termine previsto dall'art.25, comma 4 L. n.241/1990, adducendo l'illegittimità del silenzio-rigetto

  • per violazione di legge rispetto ai diritti ed alle facoltà connesse al buon andamento del procedimento amministrativo,
  • per contrarietà ai principi della trasparenza e dell'imparzialità dell'azione amministrativa.

 La decisione del Tar

I giudici amministrativi hanno evidenziato che "la tutela giurisdizionale del diritto di accesso (…) assicura all'interessato trasparenza ed imparzialità, indipendentemente dalla lesione, in concreto, da parte della pubblica amministrazione, di una determinata posizione di diritto o interesse legittimo, facente capo alla sua sfera giuridica." Ciò in quanto l'istituto del diritto di accesso "oltre ad essere funzionale alla tutela giurisdizionale, consente ai cittadini di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale per curare o difendere i loro interessi giuridici."

Ne consegue che l'esercizio del diritto di accesso può essere correlato ad un interesse giuridicamente rilevante, anche quando non sia ancora stato instaurato un giudizio nel corso del quale potranno essere utilizzati gli atti così acquisiti oppure al fine di valutare l'opportunità di una sua instaurazione.

A parere dei giudici amministrativi, infatti, "l'interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi assurge a bene della vita autonomo, meritevole di tutela" indipendentemente dalle posizioni sulle quali possa incidere l'attività amministrativa, eventualmente anche in modo lesivo.

Ne consegue che il giudizio in materia di accesso, anche se si atteggia come impugnatorio in quanto diretto all'annullamento del provvedimento di diniego o del silenzio-rigetto formatosi sulla relativa istanza, mira sostanzialmente ad accertare la sussistenza o meno del titolo all'accesso nella particolare situazione dedotta in giudizio alla luce dei parametri normativi; e ciò a prescindere dalla correttezza o meno delle ragioni addotte dall'Amministrazione per giustificare il diniego.

Il ricorso avverso il diniego, pertanto, non ha per oggetto la verifica della sussistenza o meno di vizi di legittimità del diniego impugnato, ma mira piuttosto a verificare la spettanza o meno del diritto di accesso, cosicché, nel caso in cui risulti accertata la sussistenza dei presupposti del diritto di accesso, il giudice può ordinare l'esibizione dei documenti richiesti sostituendosi all'Amministrazione e ordinandole un facere; al contrario, nel caso in cui il giudice rilevi l'insussistenza dei suddetti requisiti, può negare l'esibizione anche per motivi diversi da quelli indicati dal provvedimento amministrativo (cfr. T.A.R. Napoli, Sez. VI, n.1165/2016).

 Inoltre il Collegio ha evidenziato che gli artt.22 e ss. L. n.241/990, stabiliscono i presupposti che devono imprescindibilmente ricorrere affinché vi sia la legittimazione a richiedere l'accesso agli atti amministrativi, quali: 1) la dimostrazione che gli atti oggetto dell'istanza siano in grado di spiegare effetti diretti o indiretti nella sfera giuridica dell'istante; 2) la circostanza che posizione da tutelare risulti comunque collegata ai documenti oggetto della richiesta di accesso; 3) l'esplicitazione del rapporto di strumentalità nella richiesta di accesso.

Pertanto la richiesta di accesso non può essere generica, ma deve avere un oggetto determinato o quanto meno determinabile e deve fornire la prova dell'esistenza di un puntuale interesse alla conoscenza della documentazione stessa e della correlazione logico - funzionale intercorrente tra la cognizione degli atti e la tutela della posizione giuridica del soggetto che esercita il diritto, al fine di consentire di capire la coerenza di tale interesse con gli scopi alla cui realizzazione il diritto di accesso è preordinato (cfr, T.A.R. Roma, Sez. III, n.8584/2018; T.A.R. Parma, Sez. I, n.189/2020).

Nel caso di specie, quindi, il Collegio ha rilevato che l'istanza di accesso presentata dal ricorrente riguarda documenti esistenti e determinati che si trovano nella disponibilità della Pubblica Amministrazione e riferiti ad un lasso di tempo ben preciso nonché strettamente connessi alla tutela della posizione previdenziale dell'istante, con la conseguente sussistenza, in capo al ricorrente, di un interesse concreto ad attuale all'ostensione dei documenti richiesti.

Alla luce delle suesposte considerazioni il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta) ha accolto il ricorso e per l'effetto ha accertato l'illegittimità del silenzio–rigetto della P.A. ed ha ordinato a quest'ultima l'esibizione della documentazione richiesta.