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Il 24 febbraio 1990 ci lasciava il Presidente della Repubblica Italiana Alessandro

"Sandro" Pertini.

Era nato a Stella, in provincia di Savona, il 25 settembre 1896.

Aveva partecipato, giovanissimo, alla Prima guerra mondiale, come tenente.

A guerra finita aveva vissuto con grande sofferenza la nascita e l'instaurazione del fascismo.

Aveva compreso subito i rischi e i pericoli che l'Italia avrebbe corso dopo l'assestamento della dittatura mussoliniana, soprattutto, dopo le devastazioni delle sedi dei Partiti democratici, delle Camere del lavoro, dei sindacati, dell'Azione cattolica, della soppressione, anche fisica, di tantissimi operai, al di là della loro appartenenza politica.

Dopo l'uccisione di don Giovanni Minzoni, agosto 1923, e la "caccia", da parte delle squadracce fasciste, di ogni persona che potenzialmente avrebbe potuto rappresentare un'opposizione al fascismo, nel 1924, Sandro Pertini aderisce al Partito socialista unitario.

Il Presidente Pertini, fin da giovane, dimostrò di non essere favorevole ad ogni e qualsiasi forma di compromesso. Una qualità che contraddistingue tutta la sua militanza politica, sociale, umana. Intellettuale e culturale.

Partecipa attivamente contro ogni forma di egemonia del fascismo, prima nella sua Liguria, dopo, avendo assunto rilievo nazionale, sia in Italia sia all'estero. In Francia soprattutto. 

Partecipò alla Resistenza armata al nazi-fascismo occupando posizione di rilievo nell'ambito del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI), e promosse un progetto di unità di tutti i gruppi della sinistra italiana all'interno del Partito socialista italiano.

Nel secondo dopo guerra diresse "Avanti! ", il quotidiano del Partito socialista italiano. Dal 1946 al 1947, fu componente autorevole della Costituente; senatore, dal 1948 al 1953 e deputato dal 1953 in avanti.

Dal 1968 al 1976 coprì il ruolo di Presidente della Camera dei deputati e, dopo le dimissioni di Giovanni Leone, dal 1978 al 1985 Presidente della Repubblica.

Durante la sua Presidenza instaurò un clima nuovo nella gestione delle sue funzioni.

Incontrava ragazzi, giovani, anziani e sapeva trovare la forma e i contenuti, ma soprattutto, le parole che emanavano una calda umanità.

Capace di commuoversi e commuovere, davanti alle spettrali tragedie nazionali. Pensiamo al terremoto in Irpinia il 23 novembre 1980, che devastò diverse e ampie zone della Campania e della Basilicata, e che provocò oltre 3.000 morti, distruggendo diversi paesi. Pertini fu presente, si fermò a discutere con cittadini spaventati. E li rincuorò.

E chi non ricorda la sciagurata disgrazia del piccolo Alfredino Rampi, che scivolò in un pozzo artesiano a Vermicino, nei pressi di Roma, e nel quale rimase sepolto vivo. "In quei tre giorni di giugno del 1981, a sperare assieme a migliaia di persone c'era anche Sandro Pertini in lacrime al fianco di Franca Rampi. Era la prima volta del dolore in diretta", come ne daranno notizia i giornali dell'epoca. 

Oggi, sui "social", ma non solo, troviamo spesso, frasi del Presidente Pertini, estrapolate dai discorsi, saggi, incontri con la gente comune che giustificano, nell'immaginario collettivo, le "reprimenda" nei confronti di una politica chiassosa, senza contenuti, incompetente, autoreferenziale e incapace di distinguere i propri interessi dagli interessi generali.

Fu un Presidente "sui generis", che seppe destreggiarsi con grandissima abilità anche, se non soprattutto, nei momenti di grandissima tensione nazionale e internazionale.

Ma fu, soprattutto, un Politico di un'epoca irripetibile.

Un'epoca contrassegnate da tantissimi attori oggi dimenticati e di cui in pochi sono rimasti a serbarne memoria: Antonio Gramsci, Filippo Turati, Carlo e Nello Rosselli, Piero Gobetti e tantissime altre nobili figure dell'antifascismo italiano.

Una rinfrescata generale, sicuramente sarebbe salutare per quanti cinguettano nel nostro parlamento nazionale, potrebbe essere rappresentata dalla lettura di un vecchio libro: Sandro Pertini, "Sei Condanne. Due evasioni", Arnoldo Mondadori editore, Milano, 1970. Un libro che ha avuto diverse ristampe e che racconta la vita di Sandro Pertini dalla Prima guerra mondiale, all'antifascismo militante, alla guerra partigiana, alla Costituente, al parlamentare, al Presidente della Camera e della Repubblica Italiana.

Il libro, con una prefazione di Giuseppe Saragat, altro socialista ed altro Presidente della Repubblica, che testimonia parte della storia in comune con Pertini e della loro permanenza al carcere di Regina Celi di Roma.

Scrive Saragat: "Si rifletta che da quel 'braccio' si usciva in un modo solo: per andare di fronte al plotone di esecuzione. Qualche volta si poteva uscire già morti per le percorse subite dagli aguzzini durante gli interrogatori. Se Pertini ed io ne siamo usciti miracolosamente in un terzo modo – e fu caso unico – è faccenda che non riguarda né Pertini né me, ma un gruppo di valorosi partigiani che rischiarono la loro vita per salvare la nostra".

Pertini, tra confino e carcere, viene privato per 15 anni della sua libertà.

Quindici anni, che non l'hanno fiaccato, anzi!

Messo a conoscenza che sua madre, nel 1933, aveva chiesto la grazia al presidente del tribunale speciale fascista, Pertini scrive subito una lettera il 23 febbraio dello stesso anno al Sua Eccellenza il Presidente del Tribunale Speciale: "La comunicazione, che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo, quindi, a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d'ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme. Il recluso politico Sandro Pertini".

Vico Faggi, spiega: "L'idea di questo libro, e le ricerche d'archivio che gli hanno fornito materia, sono dovute a Carla Pertini, compagna di lotta di Sandro nella Resistenza armata".