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Con sentenza n. 4648 del 16 giugno 2021 il Consiglio di Stato, ha ribadito il principio già affermato in giurisprudenza, secondo cui il termine di durata del permesso edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione, che ha rilasciato il titolo ablativo, che accerti l'impossibilità del rispetto del termine, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis ovvero l'insorgenza di una causa di forza maggiore.

I fatti di causa.

La società ricorrente ha richiesto la proroga del termine di ultimazione dei lavori di cui al permesso di costruire per la costruzione di un edificio da destinare ad uffici e negozi.

La proroga era stata richiesta dalla ricorrente in qualità di nuova proprietaria del compendio immobiliare, oggetto dei lavori suddetti. È accaduto che il Comune ha emesso un provvedimento di diniego in quanto, a suo avviso:

  • la proroga era stata presentata successivamente allo spirare del termine triennale per l'esecuzione dei lavori previsto dall'art. 15 del TU edilizia (DPR n. 380/2001):
  • il titolo edilizio sarebbe sostanzialmente illegittimo essendo stato oggetto di un precedente procedimento penale relativo alla costruzione dell'immobile. Processo, questo, riguardante i precedenti proprietari e conclusosi con la sentenza definitiva che aveva dichiarato il non luogo a procedere per prescrizione e disposto il dissequestro dell'immobile, mantenendo le statuizioni sulla illegittimità del titolo edilizio contenute nella condanna di primo grado.  

La società ricorrente, ha impugnato il provvedimento di diniego dinanzi al Tar per il mancato invio all'istante del preavviso di rigetto ex art. 10bis della legge n. 241/1990 e per difetto di motivazione. In particolare, a dire della ricorrente, il Comune non avrebbe considerato la circostanza che i lavori sono stati interrotti per factum principis conseguente al sequestro penale dell'immobile, a carico della precedente proprietà. L'impugnazione è stata accolta e in esecuzione della sentenza del Tar, il Comune ha ripetuto il procedimento, comunicando l'avvio della decadenza del titolo edilizio, con contestuale indicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di proroga e, al termine dello stesso procedimento, ha adottato l'atto impugnato. La società ha impugnato il nuovo provvedimento di diniego per violazione dell'art. 21 nonies della legge n. 241/1990 e quindi per essere stato adottato oltre il termine di diciotto mesi, senza tener conto degli interessi dei destinatari.

Il Tar ha accolto il ricorso, annullando il nuovo provvedimento.

Così il caso è giunto dinanzi al Consiglio di Stato.

La decisione del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato ha rilevato che il Tar ha valutato come inappropriato il comportamento tenuto dal Comune per aver negato evasivamente la proroga per illegittimità, senza considerare, tuttavia, l'interruzione dei lavori dovuta al sequestro penale dell'immobile e senza considerare che detta interruzione non poteva essere considerata un insuperabile elemento volto a escludere il rigetto della proroga per mancata e tempestiva presentazione della relativa istanza. 

E ciò in considerazione del fatto che l'interruzione non in questione non opera automaticamente. Sul punto il Giudice d'appello richiama l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "il termine di durata del permesso edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione, che ha rilasciato il titolo ablativo, che accerti l'impossibilità del rispetto del termine, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis ovvero l'insorgenza di una causa di forza maggiore" (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1870 del 2013, cit.; v. anche Id., Sez. IV, 23 febbraio 2012, n. 974). In buona sostanza "la proroga dei termini per l'inizio e l'ultimazione dei lavori deve essere accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria rivelatesi poi infondati, fermo restando la richiesta di proroga e non l'automatica sospensione dei termini di cui all'art. 15 del DPR n. 380/2001" (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. VI, 29 agosto 2019, n. 5978).

Orbene, tornando al caso di specie, la sospensione non ha operato automaticamente e, pertanto, la proroga non poteva essere accolta in quanto essa non poteva considerarsi discendente direttamente dalla legge. Per tale motivo, la proroga, secondo il Consiglio di Stato, andava comunque richiesta prima della decorrenza del termine ultimo per la fine dei lavori e l'Amministrazione comunale avrebbe potuto accogliere la relativa istanza in ragione di un provvedimento dell'autorità giudiziaria di sospensione dei lavori (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2078 del 2020).

Sulla base delle suesposte considerazioni, il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e per l'effetto, in riforma della impugnata sentenza, ha respinto il ricorso di primo grado.