In un tempo in cui il diritto internazionale è interpretato più come un ostacolo all'autonomia e alla libertà di azione dei Governi, che come la traduzione normativa di valori condivisi diretti alla tutela di beni universali, la voce di una donna, di una giurista come Francesca Albanese si è sollevata chiara e forte, a ribadire che il diritto non può esser messo a tacere, neppure dai potenti.
Francesca Albanese è stata l'unica relatrice speciale dell'ONU che abbia osato chiamare per nome quello che accade nella Striscia di Gaza: non un'operazione militare, ma un massacro, una carneficina, a danno della popolazione palestinese, in violazione palese del diritto internazionale. Forte dei propri studi, della propria esperienza, la giurista ha scritto esclusivamente quanto era emerso da indagini pubbliche, documenti, fatti. Ma il suo report è insopportabile per le diplomazie che, da Washington a Tel Aviv, non vogliono che la comunità internazionale veda ciò che sta ancora accadendo. O se proprio non è possibile occultarlo, faccia finta di nulla.
Così, Francesca Albanese è diventata bersaglio di una campagna di delegittimazione senza precedenti, culminata adesso con l'inserimento in una lista di sanzionabili da parte del presidente Donald Trump. Non potrà mettere piede, in quanto indesiderata, negli USA e, nel caso abbia beni in America, essi saranno sottoponibili a sequestro. Stesso trattamento riservato ai giudici della CPI che hanno condannato il leader israeliano Netanyahu emettendo l'ordine di cattura internazionale contro di lui. Un vero e proprio atto intimidatorio, che rivela quanto la libertà di parola, la difesa dei diritti umani, il principio di legalità internazionale siano oggi sotto attacco.
Ancora più grave, però, è il silenzio assordante del Governo italiano. Francesca Albanese è una cittadina italiana, una giurista di fama internazionale, un'alta rappresentante delle Nazioni Unite. Eppure, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani non hanno pronunciato una sola parola in sua difesa. Siamo al paradosso: una donna italiana viene perseguitata da un leader straniero per avere detto la verità, e le istituzioni italiane tacciono. Davanti a questa ignavia non si può far finta di nulla. Si tratta di una omissione censurabile, tanto più perchè compiuta dal leader del Paese più potente del mondo ai danni di una singola Cittadina.
Ecco perché oggi è dovere dell'intera comunità giuridica schierarsi a fianco di Francesca Albanese. Non perché si debba necessariamente condividere ogni sua parola, ma perché difendere la libertà di parola, di opinione ed espressione di ogni Cittadino e proteggerlo da possibili conseguenze ritorsive nei suoi confronti, sono i primi principi da tutelare nell'ordinamento interno come in quello internazionale.
Se oggi non difendiamo Francesca Albanese, domani nessuno difenderà il diritto.E quando a essere sanzionata sarà la verità, sarà troppo tardi.