caravita

Eccoci. Agosto è passato, settembre è arrivato, ricominciamo. Le difficoltà sono sempre le stesse, ma non preoccupatevi, c'è chi lavora alacremente per aumentarle. Avremo un settembre di elezioni e congressi, e sentiremo tante parole. A chi va a rappresentarci dico: sii degno della nostra fiducia. Questo nostro mondo di avvocati è strano, non abbiamo altri strumenti oltre l'intuito e l'intelligenza per capire se chi ci parla vuole una poltrona o vuole un ruolo politico per cambiare le cose. E tanto c'è da cambiare. Il primo passo è scegliere, votare, e restare in trincea, continuare a combattere.


E cominciamo pure con le assurdità, quelle che passano nel silenzio generale senza che nessuno dica "a": i giudici avevano già appreso e applicato il semplice sistema di rinviare l'assunzione della decisione senza addossarsene formalmente la responsabilità con il rinvio dei termini per il 183, VI co. Alla udienza si concedevano detti termini, con decorrenza del termine a partire da una data scelta liberamente e senza alcun riferimento codicistico dal Giudice.

Adesso tocca alla precisazione conclusioni: e questo è successo a me, alla prima udienza di un procedimento da me avviato tre anni fa.

Si perveniva per la precisazione delle conclusioni: la prima udienza settembrina di questo nuovo anno giudiziario. Il Giudice ha trattenuto la causa in decisione e ha dato i termini per conclusionali e repliche a partire dal 1° gennaio 2019: la causa risulta quindi statisticamente presa in decisione, ma in realtà verrà decisa, a Dio piacendo, non prima di maggio 2019. E tutto ciò con un trucchetto da prestigiatore, poche parole buttate lì sul verbale di pc, un verbale tecnicamente e sostanzialmente, a volerla dire tutta, inutile.

Ovviamente la colpa sarà, alla prossima occasione in cui sarà utile fare questo discorso, degli avvocati. Che sono troppi, che chiedono rinvii, che sono impreparati.

Perché, come sappiamo tutti, un nostro Presidente del Consiglio ebbe il piacere di comunicarci che in Italia il primo grado di un processo civile durava 367 giorni.

Nel frattempo, e anche questo lo sanno solo gli addetti ai lavori, anzi pochi degli addetti ai lavori, gli Uffici del Giudice di Pace penale stanno per esplodere: ed anzi, per essere sempre precisi, stanno per implodere. Un discorso lungo da fare, avremo tempo e modo di parlarne.

Le strutture giudiziarie vengono giù a pezzi. Simbolo di questa grottesca situazione è Bari, dove si fanno le udienze in tenda, oppure con i cancellieri in un edificio e i giudici in un altro.

Ma, come si diceva una volta, tutto va bene, madama la marchesa.

Quindi, è giusto che al Congresso della Avvocatura non si parli di questioni pratiche, ma si parli del ruolo dell'Avvocato nella Costituzione.

E' giusto che il Ministro della Giustizia annunzi riforme del processo civile delle quali nessuno sa niente.

E' giusto che il drammatico problema del rapporto costo/causa non venga affrontato.

E' giusto che l'assistito abbia la convinzione che gli avvocati non vadano pagati.

E' tutto giusto. Faremo le udienze nelle tende, e sarà bellissimo.

No. Non è così che possiamo andare avanti. Ancora nessuno ci ha detto come chiude il bilancio de "Il Dubbio", e chi ripiana le perdite. Ancora nessuno ha risposto alle mila domande che sono ste fatte. Pensano, forse, che come bambini capricciosi, ci addormenteremo con il dito in bocca e la lacrimuccia che scende insieme al moccio dal naso.

Non è così.

Al Congresso molte persone dovranno rendere conto del loro operato. E la platea questa volta sarà vasta, anche perché il pubblico sarà enorme. Non tutti potremo essere a Catania, per impegni, costi, problemi organizzativi: ma l'informazione sarà in tempo reale, e non basterà più vestirsi da avvocati per esserlo.

Il prossimo appuntamento è per le elezioni dei Delegati di Cassa Forense. Andiamo a votare. I numeri contano, i programmi contano. La politica si fa anche dal lato passivo, cioè esercitando il diritto di voto, scegliendo sulla base dei programmi, chiedendo conto a chi è stato eletto del suo operato.

Siamo 250.000. Non è colpa nostra. La Giustizia non funziona, e – perbacco – non è colpa nostra.

Finiremo nelle Yurte di Giustizia, le tende mongole, pronte per essere smontate quando lo Stato non sarà più in grado di esercitare una funzione essenziale.

Ma la gente non smetterà per questo di litigare, di discutere, di scontrarsi. E noi Avvocati saremo sempre più necessari. Prevenire sarà meglio che curare, senza dubbio.

Ma la Giustizia potrà scomparire solo nel senso che lo Stato non sarà in grado di gestirla. Non lasciamo spazi vuoti. Non facciamoci levare il nostro lavoro.

Noi siamo gli Avvocati. Noi dovremo riempire un vuoto che è sempre più evidente.