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 Lei è la piccola Vera, una bambina di Kiev. La sua mamma, Sasha Makoviy, ha postato su Instagram questa foto della piccola, con la schiena nuda, con scritti un nome e un numero di telefono, e una seconda immagine, un disegno con gli stessi dati. Ha spiegato il perchè.

Le ho scritto il suo nome addosso il primo giorno di guerra. Se a noi fosse successo qualcosa ma lei fosse sopravvissuta, chi l'avrebbe accolta, avrebbe anche conosciuto il suo nome, e quello di una persona cara da cui portarla. Guardare una guerra dal di dentro, e con gli occhi di una madre, non può essere descritto, è sconvolgente. Ci si prepara a tutto. Così, mentre nel resto dell'Europa discutete di gas, ha scritto una giornalista di Kiev, qui le madri ucraine stanno scrivendo questo sui corpi dei loro bambini in caso vengano uccise e loro sopravvivano.

Finora, a Sasha è andata bene, alla piccola Vera, pure. Sono al sicuro, ha scritto lei alcuni giorni fa, ma non riesco a convincermi a buttare questo foglio spiegazzato della seconda foto dalla tasca della mia tuta. Penso che non lo butterà mai più, che lo terrà, come quel nome, tatuato nel cuore.

Cinquecento bambini sono stati uccisi, decine di migliaia sono ormai orfani, molti altri hanno visto l'indicibile, ciò che neppure può essere raccontato, ne porteranno i segni, e il peso. Moltissimi di loro, si saranno chiesti se quelle cose intorno a loro fossero un sogno, per poi scoprire che era un incubo.