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«Il momento più brutto è stato quando quell'uomo mi è passato accanto con il coltello in mano e mi guardava con gli occhi sbarrati. Non ho avuto paura, perché pensavo di essere già morto». Rami Shehata è il 13 enne che insieme a Adam El Hamami ha lanciato l'allarme sul dirottamento e il sequestro dell'autobus da parte di Oyssenou Sy nella mattinata del 20 marzo, nei pressi di San Donato Milanese. È stato lui ad allertare le forze dell'ordine mentre si trovava a bordo del pullman sequestrato e poi dato alle fiamme dall'autista. «Ho detto ai miei compagni di alzarsi in piedi e di far confusione così ho potuto chiamare il 112 e raccontargli tutto». 

Dopo il gesto eroico dei due ragazzi si è aperto un dibattito nel mondo della politica e in Rete sulla concessione della cittadinanza italiana ai ragazzi, l'uno di origine egiziana, l'altro marocchina, che ha portato a uno spettacolo poco edificante. Poco a che vedere con percorso di studi delle scuole che i ragazzi hanno il diritto di frequentare, scuole dove sono all'ordine del giorno temi quali inclusione, integrazione e tolleranza. Scuole che hanno il coraggio di insegnare anche l'educazione civica, senza chiedere il certificato di cittadinanza.

  Sono stati freddi e attenti, e senza perdere la calma hanno utilizzato la comunicazione non verbale, l'empatia tra loro si è rivelata fondamentale. A fare da collante c'è stata quell'amicizia che ha permesso loro di fare gioco di squadra, e di vincere così con il bene il male da cui stavano per essere annientati. La risposta dei ragazzi è certamente stata frutto anche dell'educazione ricevuta a scuola. E proprio a scuola devono ritrovare quella normalità fondamentale nella vita di tutti i giorni. È comunque inammissibile che il personale adibito ai servizi pubblici, in particolare tutti coloro che hanno a che fare con i nostri figli, non sia preventivamente sottoposto ad uno screening approfondito. Potevamo trovarci di fronte ad una agghiacciante strage dei bambini perché un uomo con precedenti penali seri, incompatibili con il ruolo che stava svolgendo, era alla guida di un pullman per il trasporto degli studenti.

 La sicurezza dei nostri ragazzi, nelle scuole, sui mezzi di trasporto, nei luoghi che frequentano, deve essere un impegno prioritario e immediato. I bambini e i ragazzi, oltre a essere il nostro futuro, sono le persone più vulnerabili e quindi l'allerta deve essere massima. Deve esserlo soprattutto quando si scelgono le persone che lavorano a contatto con i minorenni. Spesso non si effettuano le opportune verifiche, come sembra confermare l'episodio di San Donato.

È grave che non ci sia stata una verifica preventiva su chi fosse la persona a cui venivano affidati tanti bambini e tanti ragazzini. Ma è fondamentale che, oltre alla verifica sui carichi pendenti, siano fatte anche rigorose valutazioni di tipo psicologico, verifiche delle condizioni personali di chi opera accanto ai bambini. È importante perché le famiglie affidano ciò che hanno di più prezioso ad altri. I genitori, ma anche le scuole, devono poter avere fiducia degli operatori ai quali sono affidati i loro bambini.

Quello di cui ci si deve preoccupare ora è che sia data tutta l'assistenza possibile ai ragazzini che hanno vissuto questo drammatico episodio, affinché possano metabolizzare, elaborare e superare quello che è accaduto. Le reti educative e familiari sapranno approntare, e utilizzare, gli strumenti che la gravità di quello che è successo richiedono. I bambini e le bambine, questi studenti che hanno avuto la sventura di trovarsi sul pullman dirottato avranno davanti un lungo percorso di ripresa psicologica, non sarà facile, e ora dovremmo lasciarli in pace senza offrire loro gelati retorici.