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Con la sentenza n. 23133 dello scorso 19 agosto in materia di patrocinio a spese dello Stato, la II sezione civile della Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il diniego espresso da un Tribunale di liquidare le voci inerenti la redazione di talune istanze – proposte da un legale per conto del cliente sorvegliato speciale - di autorizzazione ad allontanarsi dal Comune, solo perché non risultavano allegate le relative richieste.

Si è difatti specificato che "nel ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso il giudice adito ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione".

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, un legale assumeva la difesa di un uomo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con divieto di allontanamento dal Comune di dimora, avanzando una serie di istanze di autorizzazione ad allontanarsi dal proprio domicilio.

Il Tribunale, nel liquidare i compensi maturati per l'attività svolta dal legale in regime di patrocinio a spese dello Stato, escludeva il rimborso delle spese sostenute per la proposizione di siffatte istanze. 

L'avvocato proponeva opposizione contro il decreto di liquidazione dei compensi professionali.

Il Tribunale di Bologna rigettava l'opposizione sul presupposto che, per ottenere la liquidazione, il legale avrebbe dovuto allegare le richieste di autorizzazione.

Il legale, ricorrendo in Cassazione, censurava l'illegittimità del provvedimento per violazione e falsa applicazione dell'art. 15 del d.lgs. 150/2011, per aver rigettato la richiesta di liquidazione delle spese sostenute per la proposizione delle istanze di autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio.

Ad avviso del ricorrente il magistrato doveva provvedere alla liquidazione anche in assenza di allegazione ben potendo reperire la documentazione nel fascicolo del procedimento che si trovava nella sua disponibilità o in alternativa poteva invitare il difensore a depositarne copia, in quanto – ai sensi dell'art. 15 del d.lgs. 150/2011 – il giudizio di opposizione non soffre le limitazioni probatorie proprie dell'appello e quindi il giudice dell'opposizione aveva il potere - dovere di acquisire gli atti e i documenti necessari.

La Cassazione condivide le doglianze del ricorrente. 

In punto di diritto, la Corte evidenzia che il ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso si configura quale atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell'istante.

La giurisprudenza è difatti granitica nel ritenere che il giudice ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, in quanto la locuzione "può" contenuta nell'art. 15 del d.lgs. 150/2011 deve intendersi non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere "causa cognita", senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano l'errore compiuto dal Tribunale nel negare la liquidazione delle voci inerenti la redazione delle richieste - per conto del cliente sorvegliato speciale - di autorizzazione ad allontanarsi dal Comune, solo perché non risultavano allegate le relative richieste.

La Cassazione rileva che il giudice ben avrebbe potuto procedere autonomamente al reperimento delle istanze contenute nel fascicolo del procedimento di cui aveva senz'altro la disponibilità, così verificando sia l'an che il quantum; in subordine avrebbe potuto richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, non potendo arrestare la propria valutazione al mero e formalistico riscontro dell'assenza in atti delle richieste di autorizzazione.

In conclusione, la Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Bologna in persona di diverso magistrato.