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Il processo civile deve tendere, normalmente, alla sua conclusione con una decisione di merito, dovendosi ritenere le decisioni di natura meramente processuale una soluzione da assumere solo in presenza di vizi non emendabili; quale non è quello del caso in cui, nel giudizio d'appello, il fascicolo di parte venga depositato dall'appellante fuori termine, ossia dopo la scadenza del termine fissato per il deposito delle comparse conclusionali.

Questo è quanto ha statuito la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 14096 del 4 maggio 2022 (fonte: http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa

Il ricorrente ha adito il Giudice di pace per chiedere la condanna della società designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, al risarcimento dei danni da lui subiti in occasione dell'investimento […] ad opera di un veicolo rimasto non identificato. In primo grado la domanda del ricorrente è stata rigettata in quanto ritenuta non provata. In grado d'appello, il Tribunale, invece, ha dichiarato inammissibile l'impugnazione in quanto l'appellante avrebbe ritirato il suo fascicolo all'udienza di precisazione delle conclusioni, per poi depositarlo oltre il termine fissato per il deposito delle comparse conclusionali.

Il caso è, così, giunto dinanzi alla Corte di Cassazione. 

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità.

La decisione della SC

Il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 169, 190 e 345 cod. proc. civ. In buona sostanza, a suo parere, la perentorietà del termine per il deposito del fascicolo di parte sarebbe circoscritta al giudizio di primo grado senza valere per quello di appello, posto che il deposito del fascicolo di primo grado non potrebbe comunque introdurre alcun elemento di novità nel processo.

Dello stesso avviso sono i Giudici di legittimità.

In punto, infatti, questi ultimi richiamano l'orientamento pacifico della giurisprudenza, in forza del quale, sebbene il termine entro il quale, a norma dell'art. 169, secondo comma, cod. proc. civ., deve avvenire il deposito del fascicolo di parte, ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio, sia perentorio (come attesta l'uso dell'espressione al più tardi, che figura nel testo di detta disposizione), la sua inosservanza produce effetti limitati alla decisione del giudice di prime cure, sicché il deposito del fascicolo nel giudizio di appello non costituisce introduzione di nuove prove documentali, sempre che i documenti contenuti nel fascicolo siano stati prodotti, nel giudizio di primo grado, nell'osservanza delle preclusioni probatorie risultanti dagli artt.165 e 166 cod. proc. civ. (così la sentenza 19 dicembre 2013, n. 28462, sostanzialmente confermata dalle ordinanze 6 dicembre 2017, n. 29309, e 7 ottobre 2020, n. 21571). 

Orbene, tornando al caso di specie, la decisione di inammissibilità pronunciata dal Tribunale non concerne la non regolarità delle prove assunte in primo grado e depositate dall'appellante fuori termine, dopo la scadenza del termine fissato per il deposito delle comparse conclusionali, bensì riguarda solo una questione di rito. Ne consegue che la decisione impugnata è viziata, posto che la documentazione tardivamente depositata non è nuova, per cui il giudice avrebbe dovuto ugualmente tenerne conto. A ciò deve aggiungersi che la giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che il processo è finalizzato a concludersi con una decisione di merito, salvo che non sussistano vizi di natura processuale non emendabili. In tali ipotesi il processo tenderà a decisioni di natura meramente processuale. Una ipotesi, questa, che, non ricorre nella fattispecie in esame.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Corte di Cassazione:

  • ha ritenuto viziata la decisione del Giudice d'appello;
  • ha accolto il ricorso;
  • ha cassato la sentenza impugnata, rinviando al Tribunale, in persona di un diverso Magistrato, anche per le spese del giudizio di cassazione.