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 L'assegno di mantenimento consiste in una prestazione che la legge riconosce al coniuge separato e/o divorziato e che risponde al cosiddetto principio di solidarietà.

Difatti, con il matrimonio i coniugi assumono impegni reciproci e tra questi l'articolo 143 c.c., indica l'assistenza materiale.

L'obbligo è inoltre ribadito dall'articolo 156 c.c., che afferma che il coniuge al quale la separazione non è addebitata e che non dispone di redditi propri ha diritto al mantenimento commisurato ai redditi del soggetto obbligato e ad eventuali altre circostanze.

L'assegno divorzile assegnato con il divorzio previsto dall'articolo 5della legge 898/1970, viene riconosciuto dal giudice tenendo conto di tutta una serie di elementi come le condizioni dei coniugi, il contribuito che ciascuno ha apportato alla famiglia, il reddito di entrambi e la durata del matrimonio.

Ovviamente il riconoscimento dell'assegno passa dal fatto che chi lo richiede non dispone di adeguati mezzi o non è in grado di procurarseli per ragioni oggettive.

Inoltre, l'assegno viene meno se il coniuge che lo riceve passa a nuove nozze.

Il principio solidaristico infatti ha ragione di essere rispettato fintanto che, chi riceve l'assegno non ha possibilità di procurarsi i mezzi necessari per soddisfare le proprie esigenze di vita.

Gli alimenti consistono invece in una prestazione concessa a chi si trovi in stato di bisogno, non devono pertanto superare il necessario per la vita ed a differenza del mantenimento il soggetto che è obbligato a corrispondere gli alimenti ha la possibilità di scegliere in che modo adempiere, se con un assegno periodico o accogliendo e mantenendo nella propria casa il beneficiario.

 Orbene, di recente la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta pronunciandosi nel senso di ammettere la restituzione delle somme ricevute dalla ex moglie di un signore che aveva versato il mantenimento, in quanto tali somme erano state ritenute non dovute sin dall'inizio.

Questa la decisione dei giudici emessa a Sezioni Unite con sentenza n. 32914/2022.

Tale decisione ha sancito che "opera la «condictio indebiti» ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione del richiedente o avente diritto, ove si accerti l'insussistenza ab origine dei presupposti per l'assegno di mantenimento o divorzile.

Il giudice di merito, per quantificare l'assegno spettante al coniuge al quale non sia addebitabile la separazione, deve accertare il tenore di vita di cui la coppia abbia goduto durante la convivenza, quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze del richiedente, accertando le disponibilità patrimoniali dell'onerato.

A tal fine, non può limitarsi a considerare soltanto il reddito che risulta dalla documentazione fiscale prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali la disponibilità di un consistente patrimonio, anche mobiliare, e la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso. 

 In particolare, nella sentenza n. 32644/2022 la Cassazione conferma le conclusioni della Corte di Appello, ritenendo inesitente lo squilibrio reddituale necessario per riconoscere l'assegno di divorzio. Infatti, l'ex moglie, risultava proprietaria nella misura del 95% di una società di consulenza immobiliare e dopo la separazione aveva mantenuto un tenore di vita che denotava la sua autosufficienza.

Pertanto per i giudici i redditi della ex moglie appaiono adeguati pur se non dichiarati e le dichiarazioni fiscali considerate non attendibili.

Le stesse ragioni sono a sostegno della decisone della ordinanza della Cassazione n. 477/2023, ove in un procedimento di separazione coniugale il Tribunale revoca l'assegno di mantenimento inizialmente assegnato alla moglie.

In sede di appello la decisione viene ribaltata in quanto nonsi ritengono sussistenti i presupposti necessari per le revoca dell'assegno di mantenimento.

Il marito però convinto delle proprie ragioni impugna la decisione in Cassazione che riprende in toto il principio affermato dalle Sezioni Unite nel 2022.

Se nel corso di un giudizio, la sentenza di primo o secondo grado accerta che non sussiste il diritto ab origine, opera la regola della condicio indebiti che può essere esclusa solo in casi determinati.

Secondo la Cassazione, il Tribunale aveva revocato l'assegno alla moglie perché era emerso che la stessa aveva un lavoro e un reddito stabili derivanti dallo svolgimento della professione di avvocato e disponeva di un patrimonio familiare di notevole entità.

La Corte, rifacendosi pertanto alla decisione degli Ermellini, ritiene che, una volta verificata l'assenza dei presupposti ab origine gli importi ricevuti vanno restituiti.

Nel caso in questione, effettivamente questo è quanto emerso, ecco perché la decisione della revoca e della restituzione ex art. 2033 c.c., a decorrere dalla ripetizione dell'indebito.