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Con la decisione n. 32483 dello scorso 12 dicembre, la III sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla rilevanza degli esami strumentali nell'accertamento delle microlesioni permanenti, ha respinto le richieste risarcitorie avanzate da un danneggiato il quale, pur senza produrre referti diagnostici, evidenziava come l'accertamento medico legale avrebbe consentito di stabilire se la distorsione del rachide cervicale avesse o no determinato una sua invalidità permanente.

Si è, quindi, statuito che "In tema di risarcimento del danno da c.d. micropermanente, l'accertamento della sussistenza della lesione dell'integrità psicofisica deve avvenire secondo criteri medico–legali rigorosi ed oggettivi: al riguardo, l'esame clinico strumentale non è l'unico mezzo probatorio utile per il riconoscimento della lesione a fini risarcitori, ma lo diviene ogniqualvolta si tratti di una patologia difficilmente verificabile sulla base della sola visita medico-legale".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio da un sinistro stradale coinvolgente due autovetture, all'esito del quale un conducente riportava una "cervicoalgia post traumatica e trauma alla spalla sx", giusta diagnosi refertata dai medici del Pronto Soccorso, che gli prescrivevano 10 giorni di riposo, successivamente ulteriormente prorogati dai medici di fiducia del danneggiato.

Quest'ultimo, dopo aver incassato in sede extraprocessuale una somma per i danni fisici, adiva le vie legali affinché gli fosse riconosciuto il maggior danno. 

Il Giudice di Pace di Nicosia, ritenendo che la somma ricevuta fosse integralmente satisfattiva dei pregiudizi effettivamente patiti, rigettava la domanda.

Il Tribunale di Ennia confermava la sentenza del giudice di prime cure, sul rilievo che, in assenza di accertamenti clinici strumentali in grado di rilevare l'esistenza di postumi invalidanti a carattere permanente, erano irrilevanti sia i certificati redatti dai medici che avevano avuto in cura il danneggiato (perché il lungo periodo di prognosi concesso contrastava con la modesta entità del quadro clinico descritto in Pronto Soccorso) sia la perizia redatta dalla controparte (che dava per pacifico un danno biologico, sia pure nella minore misura del 2%).

Contro siffatta decisione, proponeva ricorso per Cassazione il danneggiato, deducendo come il Tribunale avesse errato nell'interpretare l'art. 139 codice assicurazioni, giungendo a ritenere - pur a fronte delle perizie medico-legali presentate da lui e dalla controparte, entrambe attestanti l'invalidità permanente, seppur in misura differente (2%-3%) – che non fosse a lui residuata alcuna invalidità permanente a seguito e per effetto del sinistro.

In particolare, rilevava come il giudice di merito, aveva imbrigliato il risarcimento del danno biologico al rigido vincolo probatorio di un esame strumentale, senza considerare che soltanto l'accertamento medico legale avrebbe consentito di stabilire se, nella specie, la distorsione del rachide cervicale avesse o no determinato una sua invalidità permanente.

La Cassazione non condivide le doglianze dei ricorrenti. 

Gli Ermellini specificano che in tema di risarcimento del danno cd. micropermanente, l'accertamento della sussistenza della lesione dell'integrità psico-fisica deve avvenire con criteri medico-legali rigorosi ed oggettivi: al riguardo, l'esame clinico strumentale obiettivo non è di per sé l'unico mezzo probatorio utilizzabile per riconoscere la lesione a fini risarcitori, ma lo diviene ogniqualvolta si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita medico legale.

Sul punto, la Corte ricorda, in via generale, che l'esistenza obiettiva di una lesione non basta per ritenere esistenti postumi permanenti, posto che "danno" in senso giuridico non è la lesione del diritto, ma il pregiudizio che ne è derivato: in particolare, per danno biologico può ritenersi soltanto quella compromissione dell'integrità psicofisica che sia suscettibile di essere accertata con criteri obiettivi e scientifici.

Ne deriva, in relazione al caso di specie, come correttamente la sentenza impugnata abbia negato il riconoscimento delle maggiori somme, posto che, per effetto del sinistro, il danneggiato aveva riportato la distrazione muscolare del rachide cervicale e della spalla sinistra, a seguito della quale non si era verificata alcuna limitazione funzionale a carico del collo e della spalla e, quindi, alcun peggioramento della qualità di vita.

D'altra parte il ricorrente, nell'articolare la sua richiesta per danni permanenti, non aveva prodotto esami strumentali che avrebbero potuto essere oggetto di una valutazione obiettiva.

Alla luce di siffatte contingenze, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali e al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.