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Di regola l'inizio di un nuovo anno è caratterizzato da previsioni di eventi straordinariamente positivi o negativi, che parecchi "professionisti", affidandosi agli astri, ammanniscono ai lettori di riviste compiacenti.

I maghi.

In politica non dovrebbe essere così. Perché il politico, tutto deve essere, tranne che un mago.

La politica non è affidata dai cittadini a degli improvvisatori, a personaggi che, da un momento all'altro tirano fuori dal classico cappello il mite coniglio.

Il politico deve essere in grado di proporre ai cittadini scenari programmati, tenendo conto di tutti i vincoli che legano il proprio Paese ad altri Paesi, soprattutto a quelli con cui, oltre a "legarci" formiamo Comunità. Certo con tutti i limiti, auspicabilmente modificabili, e i vantaggi che ne derivano.

Un politico, in mancanza di un progetto chiaro, concordato con le forze che ne compongono una maggioranza, non può, e non deve affidarsi, all'improvvisazione che, il più delle volte, ammorba la campagna elettorale prima delle elezioni.

Le promesse sono una cosa. La governabilità un'altra.

Ma i politici non possono, né devono, affidarsi a prese di posizione, il più delle volte, non veritiere e lontane da ogni e qualsiasi probabilità di realizzazione.

Ma soprattutto un politico non deve, né può, intossicare un rapporto con il proprio elettorato, né venire meno agli obblighi della Carta Costituzionale che ne prescrivono agire e comportamenti. I famosi "pesi" e "contrappesi" istituzionali.

Oggi, certo non siamo i soli, ci mancherebbe altro, ma si ha l'impressione che la politica sia scivolata pericolosamente, da qualche decennio a questa parte, verso comportamenti che ci inducono a vivere alla giornata, ad "un tirare a campare", come direbbe qualche politico della Prima Repubblica.

E' un decennio che tutti i Paesi, e non solo europei, vivono una crisi, economico-finanziaria, che ne delimita fortemente le scelte. 

Non si tratta di "una crisi periodica", di cui ogni paese ne ha conosciuto le conseguenze e che ha saputo superare. Nel passato!

Stiamo vivendo una realtà molto complicata e che ha finito per complicare sia la vita dei politici sia la nostra di semplici cittadini. Sia, soprattutto, la vita dei nostri figli e nipoti che saranno chiamati a pagare il conto delle scelte di oggi.

Oggi la crisi è finanziaria, è "strutturale", per cui sembra che tutti siamo stati presi alla "sprovvista" e fatichiamo a ritrovare il bandolo della matassa.

Ma non è facile per nessuno, nel magma delle mezze verità, delle bugie, a volte anche spudorate, in cui siamo immersi, capire fino in fondo cosa si potrebbe fare e cosa dovremmo fare per trovare una qualche via di uscita.

Allora di punto in bianco, sono arrivati i maghi, con il consenso dei Cittadini e con le quotidiane chiassate ammannite senza pietà dai canali del web.

A mio avviso sbagliamo quando ci si irrita. Non dico nell'offendere i protagonisti della politica, si rischia il linciaggio morale, ma nel puntualizzare anche le "notizie" più inverosimili.

Chi ha dimestichezza con la storia sa con precisione, temporale e spaziale, che la società ha sempre avuto le sue classi, abbienti, meno abbienti, ricche e ricchissime. E anche degli schiavi!

E non vuol dire che deve essere sempre così. Diciamo, con certezza, che al momento è così.

Non so voi. Ma io sono rimasto a bocca aperta davanti alle immagini euforiche di un gruppo di politici che, dal balcone del "palazzo", (quel palazzo di pasoliniana memoria) brindavano alla "fine della povertà".

E' oggi prendiamo atto che è stata approvata una manovra di bilancio, in cui quel provvedimento "epocale" era inserito, e di cui né le commissioni di riferimento né il parlamento hanno potuto prenderne visione e discuterne, eventualmente il contenuto.

Buona parte di questa manovra, che interessa poi proprio i cittadini, sarà affidata a decreti delegati: scritti, da scrivere? Non si sa.Staremo a vedere.

Ma è opinione diffusa, all'estero soprattutto, ma non solo, che stiamo dando l'idea di essere un popolo confuso e incapace di prevedere il futuro. 

Ma per la fine dell'anno, che oramai è stata archiviata e affidata alla critica delle nuove generazioni, è arrivato il "Discorso del capo dello Stato" che, compatibilmente con le competenze che gli affida la Costituzione e con quella eleganza che contraddistingue l'agire del nostro Presidente della Repubblica, non si è lasciata sfuggire l'occasione per evidenziare decisioni e comportamenti del governo non proprio virtuosi.

Dopo aver esortato alla necessità di essere Comunità.

<<Sentirsi "comunità" significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa "pensarsi" dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese>>.

Subito dopo si è soffermato sulla "sicurezza", rendendo attenti e a non agitare spauracchi inutili e contradittori.

Per il presidente Mattarella sicurezza: <<Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l'astio, l'insulto, l'intolleranza, che creano ostilità e timore. So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un'altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza>>.

Il primo a condividere questo richiamo sulla "sicurezza, è stato il vice ministro e ministro dell'interno Matteo Salvini che, non penso di dire una fandonia, sulla "sicurezza" ha altri principi e altri metodi con cui affrontarla nei prossimi mesi.

Ma questo atteggiamento me ne ha riportato alla memoria un altro a testimonianza della "perdita di memoria" dei nostri politici.

Il 15 maggio 2006 si è verificato un fatto veramente eccezionale nel nostro Paese. L'allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo il suo settennato, veniva eletto, per la seconda volta non essendo stato possibile trovare altre soluzioni e creando di fatto una situazione di stallo. La rielezione è prevista nella Costituzione, ma per motivi eccezionali. E il 2006 era un momento veramente eccezionale.

Nel suo discorso di accettazione, facendo presente che il suo mandato non sarebbe durato tutta la legislatura, ebbe a pronunciare parole di fuoco nei confronti di quella classe politica: <<Quel tanto di correttivo e innovativo che si riusciva a fare nel senso della riduzione dei costi della politica, della trasparenza e della moralità nella vita pubblica è stato dunque facilmente ignorato o svalutato : e l'insoddisfazione e la protesta verso la politica, i partiti, il Parlamento, sono state con facilità (ma anche con molta leggerezza) alimentate e ingigantite da campagne di opinione demolitorie, da rappresentazioni unilaterali e indiscriminate in senso distruttivo del mondo dei politici, delle organizzazioni e delle istituzioni in cui essi si muovono. Attenzione: quest'ultimo richiamo che ho sentito di dover esprimere non induca ad alcuna autoindulgenza, non dico solo i corresponsabili del diffondersi della corruzione nelle diverse sfere della politica e dell'amministrazione, ma nemmeno i responsabili di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme>>.

Bacchettate sonore.

Ma con gli applausi delle grandissime occasioni. Come se sul banco degli imputati non ci fossero loro. 

Quella politica.

E quei politici.