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 E' dallo scorso mese di marzo che la scuola italiana non riesce a trovare una via d'uscita, una scappatoia tra "aprire e chiudere", "lezioni in presenze e lezioni a distanza (Dad)". Ora tutte le speranze sono legate all'inizio del prossimo anno scolastico.

Nessuno sottovaluta le responsabilità della pandemia, che ha condizionato di "fatto" tutti i settori produttivi, scuola compresa, della nostra economia, delle nostre abitudini, dei nostri affetti, delle nostre prospettive di vita …! E quindi la scuola non poteva rimanere immune dal nuovo contesto che si è venuto a creare.

Forse, non ci saremmo aspettati la confusione creata ad arte dalla nostra classe politica.

Dalle elezioni politiche del 2018 a tutt'oggi si sono insediati tre governi: il "Conte uno" guidato da una coalizione Movimento 5 Stelle e Lega; il "Conte due", un governo guidato da una coalizione composto dal Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Liberi e Uguali e Italia Viva (quest'ultima dal 18 settembre 2019 al 13 gennaio 2021), formatosi in seguito alla crisi che ha portato alle dimissioni del governo "Conte due".

E quello attuale presieduto da Mario Draghi che gode dell'appoggio parlamentare dei seguenti partiti o gruppi presenti in Parlamento: Movimento 5 Stelle, Lega - Salvini Premier, Forza Italia, Partito Democratico, Italia Viva, Articolo Uno, Centro Democratico, +Europa. Un governo di "Unità nazionale", voluto dal presidente della Repubblica quando, dopo la caduta del governo "Conte due", i partiti non erano riusciti a mettere in campo una nuova compagine governativa.

Chi ha figli, nipoti e pronipoti nell'età scolastica, tocca con mano le difficoltà quotidiane che la scuola si trascina. Mamme che suppliscano l'assenza degli insegnanti nella Didattica a distanza, soprattutto nell'incredibile quantità di esercizi da svolgere. Un'assenza che non può essere sostituita dalla buona volontà, o dalla disperazione, delle mamme che si accollano un nuovo ruolo tra i mille altri.

 E da tempo che sentiamo parlare, e a giusta ragione, dei guasti che questo tira e molla sta provocando, soprattutto, in quegli scolari che, tra le altre cose, mancano anche dei normali strumenti telematici per seguire le lezioni.

E' cronaca recente il disastro provocato nelle scuole italiane dalla ministra dell' istruzione su interventi, a dir poco discutibili, e sui soldi sprecati per realizzarli.

Ma è tutta colpa della Pandemìa?

La scuola ha smesso di avere l'attenzione della politica, almeno da unventennio. Da quando sono arrivati al potere gli incompetenti mandando a casa decine di migliaia di insegnanti e dimezzando gli investimenti, introducendo il manager al posto del direttore didattico aprendo la strada ad un impoverimento culturale.

E non è un caso che l'Italia sia il paese che ha investito meno, di tutti gli altri paesi europei, nell'istruzione e nella formazione.

Forse vale la penna ricordare la"riforma" voluta dall'allora ministra Mariastella Gelmini e dei tagli alle risorse.

Ministro dell'economia era quel Giulio Tremonti, leader di quel progetto di "finanza creativa" che tanti danni ha causato alla nostra economia.

E a questo proposito, per chi non l'avesse letto, suggerisco il bel libro di Franco Frabboni, ordinario di Pedagogia all'Università di Bologna, impegnato nella direzione di collane e riviste di Scienze dell'educazione, "Sognando una scuola normale", edito da Sellerio nel 2009. Una risposta intelligente a quella disastrosa "Riforma Gelmini".

Una riforma che, come oramai prassi, deve servire a scompaginare tutto ciò di buono che era stato messo in cantiere dai precedenti governi. Non importa se di sinistra o di destra.

E questa stravagante usanza, disgraziatamente, non interessa solo la pubblica istruzione, ma tutto ciò che riguarda la pubblica amministrazione.

 Già nell'introduzione Frabboni non ha esitazione alcuna nel definire disastrosa questa ennesima riforma della scuola italiana:

"Dopo un salutare attraversamento dei paesaggi della Pedagogia (titolare del progetto Persona) e della Didattica (titolare del progetto Scuola), il presente saggio darà voce ad un verdetto severo. Questa la sentenza: ergastolo alle forsennate picconate inferte dal Ministro Mariastella Gelmini alla vocazione democratica e culturale del nostro sistema diistruzione.

La messa in ginocchio di una scuola molto apprezzata in Europa va condannata a voce alta, perché si incammina lungo la strada fangosa di una contro riforma: brutale ( alle radici l'albero fiorito della scuola strappandole personale, risorse e investimenti) e dagli occhi chiusi ( volta le spalle alla luminosa storia della scuola di fine Novecento e nega lo sguardo al suo futuro lungo le stagioni del Ventunesimo secolo)".

Questo saggio/sogno di Franco Frabboni di una scuola "normale" si colloca in un'Italia che normale non è per niente. Un saggio scritto con parole e metafore onestamente comprensibile, ben argomentato e che invita a riflettere sui guasti attuali della scuola italiana.

Interessantissimo il decimo capitolo: "Insegnare in presenza è difficile? Figuriamoci a distanza". Il riferimento era all'altra riforma della ministra dell'istruzione Letizia Moratti: quella della "scuola/azienda".

Ma il libro non è soltanto una "denuncia per la denuncia". Tutt'altro! Ma un corollario di capitoli di grande pedagogia per la costruzione di una visione, nuova e duratura, della scuola: "La Pedagogia prende per mano del 'soggetto-persona': sta a lui vicino e lo difende. In quanto non-omologabile, non-duplicabile e non-utile è il solo in grado di ergersi da antagonista irriducibile dell'altra (mostruosa) faccia dell'umanità: il soggetto-massa che getta sul terzo millennio l'incubo di un'umanità dal pensiero unico e dal cuore inaridito. La Didattica prende la mano della 'mente plurale' delle giovani generazioni: sta a lei vicino e la difende. Con l'eccellente risultato di porre in cassa integrazione, senza alcun rimorso, la scuola strizzacervelli".

Tante le denunce che si possono leggere in questo saggio contro una riforma, meglio, una "controriforma" che si è abbattuta sulla scuola italiana. E non da oggi.

Ora non ci resta che sperare su un ravvedimento politico e che si ritorni ad un dibattito operoso affinchè la scuola possa rientrare nell'agenda politica in maniera virtuosa e operosa. Senza dimenticare che l'istruzione è un diritto costituzionale.

Lo dobbiamo ai giovani, all'impegno degli insegnanti e delle famiglie.