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Lo avevamo segnalato con forza.già da alcuni mesi, in tempi – per così dire – non sospetti: il caso Milano, oggi sotto i riflettori della cronaca giudiziaria, non è un'eccezione, ma la punta dell'iceberg di un fenomeno molto più ampio. Uno tsunami che monta da tempo e che sta travolgendo numerose pubbliche amministrazioni di diversa tipologia ed estrazione politica. Il punto di attacco è sempre quello che, da Tangentopoli in poi, può definirsi il nervo scoperto delle relazioni malsane, infestanti, patologiche, tra potere politico, sottopotere tecnico, potere imprenditoriale. Non è solo urbanistica deviata: si tratta, in molti e purtroppo non isolati casi, di una degenerazione complessiva della politica e di istituzioni piegate alle logiche del compromesso e a quelle decise da comitati d'affari e quindi fuori dei canali della rappresentanza democratica, che assume i tratti di una vera emergenza democratica.

Ieri in Sicilia le opposizioni hanno duramente protestato contro l'evidente deriva morale del governo Schifani, poi è esplosa la questione Milano. Le ipotesi investigative che emergono dall'inchiesta condotta dalla Procura meneghina – che ha chiesto sei misure cautelari e ha iscritto nel registro degli indagati, tra gli altri, l'attuale sindaco Beppe Sala – delineano un quadro che non può essere derubricato a vicenda circoscritta o di patologia fisiologica di scarsa entità, tutt'altro. Si tratterebbe di una degenerazione eversiva, secondo le parole pronunciate dal procuratore della Repubblica di Milano, Marcello Viola. Si tratta di un'espressione che pesa, che richiama alla memoria le fasi più oscure della nostra storia repubblicana, e che interpella direttamente la coscienza non solo dei milanesi ma del Paese.

Nel cuore della metropoli simbolo dell'efficienza, della rigenerazione, dell'attrattività internazionale, esplode così un "sistema" che – se accertato – avrebbe manipolato procedure, falsificato nomine, indirizzato progettualità urbanistiche e piegato l'interesse pubblico a logiche affaristiche. Il fatto che tutto ciò sia maturato all'interno di una delle città ritenute modello della nuova Italia post-Expo, accresce l'allarme. Ma, per l'appunto, non c'è solo Milano. In Sicilia, come in Calabria, come altrove, si ripropongono dinamiche di trasformazione abusiva del potere tecnico e politico in potere negoziale illecito. Cambiano i protagonisti, non il meccanismo. Ed è per questo che la questione morale è ormai la prima questione democratica. Senza etica pubblica, non c'è spazio per una democrazia costituzionale. E quando i presidi di legalità si riducono a foglie di fico, il corpo stesso della Repubblica ne esce ridimensionato, corrotto, umiliato.

È in questa chiave che va richiamato un dovere di responsabilità istituzionale. L'art. 54 della Costituzione parla chiaro: chi esercita funzioni pubbliche lo deve fare con "disciplina e onore". Non serve attendere sentenze passate in giudicato per trarne conseguenze politiche e morali. In presenza di una richiesta di rinvio a giudizio, o anche solo di gravi elementi indiziari corroborati da misure cautelari, la prosecuzione nell'esercizio di ruoli di vertice è non solo inopportuna, ma incompatibile con la necessità di rigenerare la fiducia democratica. Questo principio deve valere a Milano come a Palermo, per i sindaci come per gli assessori, per i presidenti di Regione come per i direttori generali. La giustizia farà il suo corso, ma la politica e l'amministrazione pubblica devono anticiparlo sul piano della trasparenza e della responsabilità. Il rispetto del principio di non colpevolezza non può essere invocato come scudo per l'irresponsabilità istituzionale.

Non si tratta di giustizialismo, ma di difesa della legalità repubblicana che non tollera partigianerie, perchè in gioco è la coerenza con il ruolo che si ricopre. Il Paese non può permettersi di continuare a convivere con zone grigie di potere che si muovono al confine tra legalità formale e sostanziale collusione. È tempo che le istituzioni, tutte, facciano la loro parte. E che i cittadini non si rassegnino all'idea che questo sistema sia immutabile.