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Il 13 luglio scorso ha preso avvio l'esame, innanzi alla ii commissione giustizia presso la camera dei deputati, del progetto di legge avente ad oggetto l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause della mancata individuazione dei responsabili della strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992, nella quale furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta.

La commissione - che sarà composta da 20 senatori e 20 deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di almeno un rappresentante di ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento - avrà essenzialmente tre obbiettivi, da raggiungere entro ventiquattro mesi dalla sua costituzione.

 In primis, si legge nel disegno di legge, dovrà accertare le ragioni che hanno impedito l'individuazione dei responsabili della strage. In secondo luogo la commissione dovrà verificare perché, dopo la strage di Capaci del maggio 1992, la tutela accordata al giudice Borsellino sia stata insufficiente. Infine dovrà essere esaminata la gestione dell'attività investigativa svolta sulla strage di via d'Amelio, nella
sua immediatezza e nel corso dei diversi procedimenti giudiziari, con particolare riferimento alla gestione dei collaboratori di giustizia.

Quanto ai poteri, l'art. 3 del progetto di legge attribuisce alla Commissione i poteri di esame e di indagine con le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

In sostanza il costituendo organismo potrà procedere alle audizioni ed alle testimonianze, nominare periti, interpreti, custodi, avvalersi dell'opera di agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria e di ogni altra collaborazione che riterrà necessaria, accedere al sistema di informazioni per la Sicurezza della Repubblica, acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti in deroga all'articolo 329 c.p.p., che copre con il segreto gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

Tutti i componenti della commissione (funzionari e personale) dovranno mantenere il massimo riserbo sulle indagini svolte.

L'obbligo di segretezza permane anche dopo la cessazione dell'incarico e la sua violazione è punita ai sensi dell'art. 326 c.p..

La proposta di legge, come specificato dalla Relazione illustrativa, muove dall'esito poco felice del cosiddetto "processo Borsellino-quater", terminato con una sentenza contraddittoria, che, pur riconoscendo come nel corso degli anni le indagini siano state inquinate da una serie di dichiarazioni false, non chiarisce chi abbia indotto i collaboratori a rendere tali dichiarazioni mendaci e, dunque, chi sia responsabile di quello che la stessa Corte d'assiste di Caltanissetta ha definito uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana.