Imagoeconomica_1717985

La massima

L'art. 85 c.p.c. e l'art. 7 L. 794/42 sono espressione di una disciplina derogatoria, per i professionisti intellettuali che svolgono la professione di avvocato, rispetto a quella generale dell'art. 2237 c.c., per effetto della quale è permesso all'avvocato di recedere dal mandato professionale anche in assenza di una giusta causa - salvo, in tal caso, il risarcimento del danno di cui il cliente provi l'esistenza, di cui però non si controverte nel caso di specie, in assenza di allegazione da parte della cliente - riconoscendo al difensore il diritto agli onorari relativi all'attività svolta fino al momento del recesso.

Cass., ord. n. 23077 del 25/07/2022.

Il Caso.

Una s.r.l. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso per compenso professionale per attività di assistenza giudiziale in causa di merito e in due procedimenti cautelari, deducendo il grave inadempimento del difensore per recesso ingiustificato dal mandato professionale e contestando la debenza del credito ingiunto.

Il tribunale escludeva la ricorrenza del grave inadempimento lamentato dalla cliente e la condannava al pagamento di un importo diverso ed inferiore rispetto a quello richiesto con il decreto ingiuntivo, ritenendo applicabile in via analogica la disposizione del preventivo sottoscritto dalle parti in forza del quale, se il processo si fosse chiuso prima dell'istruttoria, il compenso professionale sarebbe stato decurtato del 30%.

La Suprema Corte, investita della causa, ha sottolineato preliminarmente che la disciplina dettata per l'attività dell'avvocato ha una sua specificità e, in quanto tale, deroga alla previsione di carattere generale introdotta dall'art. 2237 c.c. in tema di recesso dal contratto d'opera professionale.

Tale particolarità, proseguono gli Ermellini, si deduce in primis dall'art. 85 c.p.c., a mente del quale "la procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore», ma sottendendo con tale formulazione la soluzione per cui il recesso dell'avvocato dal mandato è sempre ammessa, e non quindi necessariamente ancorata alla ricorrenza della giusta causa".

Altra previsione che riferisce in maniera ampia di un diritto di recesso dell'avvocato, senza alcuna richiamo alla necessità della giusta causa, e senza quindi in alcun modo vincolare il diritto al corrispettivo per l'attività prestata sino al momento del recesso alla circostanza che la scelta del professionista sia stata dettata da una giusta causa è, secondo quanto si legge nell'ordinanza in commento, l'art. 7 della legge 13 giugno 1942 n. 794, che, con riguardo proprio alla disciplina del corrispettivo per le cause non giunte a compimento, prevede che "per le cause iniziate ma non compiute ovvero nel caso di revoca della procura o di rinuncia alla stessa il cliente deve all'avvocato gli onorari corrispondenti all'opera prestata",

Secondo la Corte, poi, in linea con tale scelta del legislatore si pone anche la specifica disciplina della rinuncia al mandato contenuta nell'art. 32 del codice deontologico forense vigente che confermata la soluzione circa la libera recedibilità dal mandato anche ad opera dell'avvocato, con l'unico limite rappresentato dalla necessità di preservare il cliente da pregiudizi derivanti dalla propria decisione di recedere dal rapporto d'opera.

Sulla base di tali ordini di considerazioni, la Corte ha ribadito, dunque, che l'art. 85 c.p.c. e l'art. 7 I.794/42 sono espressione di una disciplina derogatoria, per i professionisti intellettuali che svolgono la professione di avvocato, rispetto a quella generale dell'art. 2237 c.c., per effetto della quale è permesso all'avvocato di recedere dal mandato professionale anche in assenza di una giusta causa - salvo, in tal caso, il risarcimento del danno di cui il cliente provi l'esistenza, di cui però non si controverte nel caso di specie, in assenza di allegazione da parte della cliente - riconoscendo al difensore il diritto agli onorari relativi all'attività svolta fino al momento del recesso.