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Con sentenza n.24759 del 12/08/2022 la Corte di Cassazione sezione lavoro, ha affrontato il tema della reiterazione dei contratti a tempo determinato instaurati per i docenti di religione cattolica, al fine di stabilire quando tale reiterazione possa configurabile un abuso e se sia possibile una trasformazione in contratto a tempo indeterminato o sorga per i docenti ii diritto al risarcimento del danno. (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).

Analizziamo i presupposti logico-giuridici che hanno determinato la decisione dei giudici di legittimità.

I fatti di causa

Le attrici, tutte docenti di religione cattolica presso la scuola pubblica, hanno adito il Tribunale chiedendo: 1) la declaratoria di illegittimità dei reiterati contratti a termine instaurati tra le stesse attrici e il Ministero, 2) la conversione a tempo indeterminato del rapporto o in via gradata il risarcimento del danno.

Il Tribunale si è pronunciato per la condanna del Ministero al risarcimento del danno commisurato a tre mensilità della retribuzione globale di fatto.

Avverso tale pronuncia il Ministero ha proposto gravame dinanzi alla Corte d'Appello, la quale, in parziale riforma della predetta decisione, ha ritenuto applicabili anche ai docenti di religione cattolica i principi giurisprudenziali in materia di abuso dei contratti a termine, ferma restando l'esclusione del diritto alla conversione del rapporto in assenza di superamento del concorso pubblico; conseguentemente, ha condannato il Ministero al pagamento in favore delle istanti di un'indennità risarcitoria commisurata a sei mensilità della retribuzione globale di fatto.

Il Ministero ha proposto ricorso per cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 L. 186/2003, nonché della clausola 5 dell'Accordo Quadro e sostenendo che la peculiarità dei contratti di assunzione dei docenti di religione giustifica la reiterazione dei contratti per la componente non di ruolo del corpo docente. 

 La decisione della Corte di Cassazione

I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricostruito la disciplina dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche ricordando che

1)con la L. n.121/1985, di ratifica ed esecuzione dell'accordo del 18 febbraio 1984 di modifica del Concordato Lateranense dell'11 febbraio 1929, la Repubblica Italiana ha assunto l'obbligo di assicurare l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado,

2)detto insegnamento è stato affidato a docenti riconosciuti idonei dall'autorità ecclesiastica mediante conferimento di incarichi annuali previa intesa con l'ordinario diocesano (art.309 D. Lgs. n. 297/1994),

3)la contrattazione collettiva dell'epoca ha previsto che gli incarichi si intendono confermati qualora permangano le condizioni ed i requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge,

4)la L. n.186/2003 ha introdotto nell'ambito dell'insegnamento della religione cattolica, la distinzione fra docenti di ruolo assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e docenti non di ruolo assunti con contratto a tempo determinato. In particolare questa legge ha previsto che l'accesso ai ruoli avviene previo superamento di concorsi per titoli ed esami e che la consistenza dei ruoli, ossia la dotazione organica, deve essere pari al 70% dei "posti funzionanti" per ciascuna diocesi. Inoltre al fine di sopperire alla condizione di precarietà, la suddetta legge ha previsto l'obbligo di procedere con cadenza triennale allo svolgimento dei concorsi per l'assunzione in ruolo.

La Suprema corte ha altresì rilevato che il tema dell'assunzione con contratto a tempo determinato per gli insegnanti di religione è stato affrontato anche dalla Corte di Giustizia, secondo la quale non è di per sé illegittimo il sistema di reperimento del fabbisogno di docenti di religione, con l'articolazione tra il 70 % (ruolo) e il 30 % (contratti a termine); tuttavia l'osservanza della clausola 5 dell'accordo quadro esige la verifica che il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi miri a soddisfare esigenze provvisorie e non per soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in materia di personale fino a configurare un abuso (cfr, sentenze del 13 gennaio 2022 e del 24 giugno 2021, Obras y Servicios Públicos e Acciona Agua, C-550/19).

 Sulla base di queste premesse normative e giurisprudenziali la Suprema Corte ha affermato l'impossibilità di conversione a tempo indeterminato dei contratti annuali dei docenti non di ruolo di religione cattolica in corso in quanto tali contratti hanno durata annuale e sono soggetti a conferma automatica, secondo le previsioni della contrattazione collettiva, al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge. Tuttavia "è consentita l'assunzione di durata infrannuale, sulla base di contratti motivati dalla necessità sostitutiva di docenti precedentemente incaricati, oppure nello stretto tempo necessario all'attuazione delle immissioni in ruolo in esito a procedure concorsuali già svolte o per concludere procedure concorsuali in essere".

Quanto alla configurabilità dell'abuso la Corte di cassazione ha affermato che "costituisce abuso nell'utilizzazione della contrattazione a termine sia il protrarsi di rapporti annuali a rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuità per un periodo superiore a tre annualità scolastiche, in mancanza di indizione del concorso triennale, sia l'utilizzazione discontinua del docente, in talune annualità, per ragioni di eccedenza rispetto al fabbisogno, a condizione, in quest'ultimo caso, che si determini una durata complessiva di rapporti a termine superiore alle tre annualità. In tutte le menzionate ipotesi di abuso sorge il diritto dei docenti al risarcimento del danno c.d. eurounitario, con applicazione, anche in ragione della gravità del pregiudizio, dei parametri di cui all'art. 32, co. 5, L. 183/2010 (poi, art. 28, co. 2, d. Igs. 81/2015) oltre al ristoro, se provato, del maggior danno sofferto, non essendo invece riconoscibile la trasformazione di diritto in rapporti a tempo indeterminato».

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha rilevato la mancanza di altri concorsi dopo il triennio di validità del primo, con la conseguente realizzazione dell'abuso connesso al mantenimento della precarietà, in quanto il ricorrente, dopo avere già lavorato per tre annualità, pur proseguendo ininterrottamente nell'insegnamento della religione cattolica, non ha potuto fruire dell'indizione dei concorsi previsti dalla legge.

Per questi motivi, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso.