Imagoeconomica_1477917

 Con la decisione n. 24162, la III sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul diritto dei nonni di ottenere il risarcimento dei danni patiti per il decesso del proprio nipote, ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di merito che aveva negato loro siffatto risarcimento in quanto non erano conviventi con la vittima. Si è, pertanto, statuito che "in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione, proposta iure proprio dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale … il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto".

Sul merito della questione si era pronunciato, inizialmente, il Tribunale di Roma, adito dai genitori e dai nonni di un ragazzo, morto in seguito ad un incidente stradale mentre era a bordo, quale terzo trasportato, di una autovettura il cui conducente, con imprudente e negligente condotta di guida, usciva di strada in un tratto privo di barriera laterale e precipitava nella sottostante scarpata.

Aditi in giudizio il proprietario del veicolo, l'impresa assicuratrice dello stesso e l'Anas, gli attori chiedevano, previo accertamento delle rispettive responsabilità, che gli stessi venissero condannati, in solido tra loro (ovvero secondo le rispettive responsabilità), al risarcimento di tutti i danni (patrimoniali e non) subiti in conseguenza della perdita del loro congiunto.

 Il Tribunale – accertato che la responsabilità dell'incidente era da ascrivere alla negligente ed imprudente condotta di guida del conducente dell'auto (che aveva, tra l'altro, superato il limite di velocità di 50 Km orari) ed alla concorrente responsabilità dell'ANAS per negligente manutenzione della strada – accoglieva le domande risarcitorie dei genitori e della nonna paterna; rigettava invece quelle proposte dagli altri nonni.

Contro siffatta decisione, proponeva appello principale l'Assicurazione del veicolo; si costituivano in giudizio i genitori e la nonna paterna, chiedendo il rigetto del gravame; i nonni materni, invece, rimanevano contumaci.

La Corte di Appello di Roma, in parziale accoglimento dell'appello principale ed in riforma dell'impugnata sentenza, rigettava la domanda risarcitoria proposta dalla nonna paterna, in quanto non convivente del defunto: secondo i giudici di secondo grado, infatti, solo la convivenza consente di esteriorizzare l'intimità delle relazioni di parentela anche allargate (come quella in questione tra nonna e nipote) e far assumere rilevanza al collegamento tra danneggiato primario e secondario.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione l'Anas; resistevano con controricorso i genitori e la nonna paterna, i quali proponevano anche ricorso incidentale.

In particolare, la nonna – denunciando violazione e falsa applicazione dell' art. 2059 c.c. e dell'art. 2 della Costituzione – si doleva del rigetto della domanda risarcitoria avanzata per la perdita del nipote, dolendosi del fatto che, per la Corte Territoriale, l'elemento della coabitazione – nel caso di specie non sussistente - fosse condizione indispensabile ai fini della risarcibilità di tale voce di danno.

 La Cassazione condivide le doglianze della ricorrente incidentale.

Gli Ermellini ricordano come "in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale "da uccisione", proposta "iure proprio" dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità".

Tale principio, certamente applicabile nel rapporto tra genitori e figlio, va esteso anche nel caso in cui l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno, in quanto non è condivisibile limitare la società naturale, cui fa riferimento l' art. 29 della Costituzione, all'ambito ristretto della sola cd. famiglia nucleare: ne deriva – come insegna la stessa Cassazione ( Cass. 21230/2016 e 29332/2017) – che il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto.

Nel caso di specie la Corte territoriale, discostandosi da tale principio, ha automaticamente escluso la sussistenza del danno morale patito dalla nonna, per effetto della morte del nipote, sulla sola base della non convivenza tra i due, senza invece considerare in concreto l'effettività e la consistenza della detta relazione parentale, rispetto alla quale la convivenza costituisce solo un utile elemento probatorio.

Alla luce di siffatte contingenze, la Cassazione rigetta il ricorso principale avanzato dall'Anas, accoglie il ricorso incidentale sollevato dai congiunti del ragazzo e rinvia al Tribunale di Roma, in persona di altro magistrato, al quale spetterà il compito di esaminare la controversia alla luce dei principi di diritto enunciati, decidendo anche in merito alle spese di lite.