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Con sentenza n. 851 del 21 gennaio 2019, il Tar Lazio si è occupato della questione inerente il trasferimento di un Giudice di pace (Gdp) "per sopravvenuti motivi di incompatibilità". In buona sostanza, il Tar è stato interpellato per accertare la legittimità o meno della delibera del Consiglio superiore della magistratura (Csm), con la quale la ricorrente (GdP) è stata trasferita presso altro Ufficio del Giudice di pace, alla luce dell'esercizio della professione forense svolta da parte del coniuge nel medesimo circondario. In pratica, i Giudici amministrativi hanno dovuto valutare se il provvedimento di trasferimento abbia tenuto conto del fatto che tale attività sia svolta in maniera occasionale o non.

Ma vediamo nel dettaglio il caso sottoposto all'attenzione dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

La ricorrente svolge le funzioni di Giudice di pace. È accaduto che, in occasione della compilazione dei moduli finalizzati a segnalare, ove esistenti, situazioni di incompatibilità ai sensi dell'articolo 5 del D.Lgs. n. 116/2017, la ricorrente ha indicato la località presso cui avrebbe voluto essere trasferita nel caso di sopravvenute incompatibilità. In quell'occasione, la stessa, per mero scrupolo, ha indicato che nel medesimo circondario in cui svolge le funzioni di Giudice di pace, il coniuge esercita «la professione forense solo occasionalmente [...]. avendo patrocinato poco più di 50 cause nell'arco di 15 anni ». Sennonché, il Presidente del Tribunale, prendendo atto di tale segnalazione, ha ritenuto che l'esercizio della professione del coniuge nel su menzionato circondario non fosse occasionale e ha inviato i moduli compilati dalla ricorrente, corredato da un parere, al Csm. 

Quest'ultimo «richiamato l'art. 5 del D. Lgs. n. 116/2017 e la Circolare del Csm 15 novembre 2017, [...], dato atto che la ricorrente ha presentato richiesta di trasferimento "per sopravvenuti motivi di incompatibilità", ne ha disposto il trasferimento presso altro Ufficio del Giudice di Pace», avallando il parere del Presidente del Tribunale.

La questione è giunta dinanzi al Tar.

La decisione dei Giudici amministrativi.

Innanzitutto, appare opportuno richiamare la normativa applicabile al caso di specie, ossia il D.Lgs. n. 116/2017 su citato (recante la "riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57") e la circolare Csm del 15 novembre 2017 ("sulle incompatibilità relative ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale ed ai vice procuratori onorari"). L'articolo 5 del su menzionato decreto stabilisce chiaramente che «gli avvocati e i praticanti abilitati non possono esercitare le funzioni di magistrato onorario in uffici giudiziari compresi nel circondario del tribunale nel quale esercitano la professione forense, [...] il coniuge, la parte dell'unione civile o i conviventi, i parenti fino al secondo grado o gli affini entro il primo grado». In punto, poi, l'articolo 6 della delibera del Csm innanzi citata è intervenuto, specificando che l'incompatibilità appena indicata sussiste «qualora tale attività professionale non sia occasionale», intendendosi per non occasionale l'attività svolta con una certa continuità e che concentri, in quel circondario, il centro di interessi. Orbene, ciò premesso, a parere del Tar, appare chiaro che la valutazione di "non occasionalità" dell'attività svolta dal coniuge non ha carattere assoluto, ma dipenderà: 

  •  dalle dimensioni dell'ufficio cui è addetto il magistrato onorario,
  • dalle dimensioni dello studio professionale del congiunto;
  • dalla tipologia di affari trattati.

Con l'ovvia conseguenza che non sarà rilevante, ai fini di tale valutazione, solo la considerazione del numero di casi trattati nel circondario in cui opera il congiunto magistrato onorario. Con l'ovvia ulteriore conseguenza che, il Csm, prima di procedere ad esprimersi su una situazione di incompatibilità, dovrà esaminare attentamente la questione e, qualora ravvisi una situazione di questo tipo, dovrà anche fornire un giudizio adeguatamente motivato. Esame che, secondo il Tar, nel caso di specie è venuto a mancare. Infatti, ad avviso dei Giudici amministrativi, «la decisione del Csm risulta [...] non supportata da una idonea istruttoria e motivazione». Un'omissione, questa, che

  • da un lato, non è accettabile in considerazione del fatto che è che la stessa delibera del Csm del 15 novembre 2017, innanzi citata, a dettare puntualmente «gli indici in base ai quali si deve affermare la occasionalità, o meno, dell'attività professionale svolta dal congiunto del giudice onorario»;
  • dall'altro, inficia la valutazione di incompatibilità espressa in danno della ricorrente.

Ne discende, quindi, l'illegittimità del provvedimento di trasferimento per carenza di istruttoria e per mancato supporto probatorio, e la necessità di riesaminare la situazione in modo più approfondito. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Tar ha accolto il ricorso, i) annullando la delibera del Csm, nella parte in cui ha ordinato il trasferimento della ricorrente e ii) disponendo il riesame della questione al fine di accertare se la stessa ricorrente versi effettivamente in situazioni di incompatibilità, in forza delle statuizioni su citate.