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Con l'ordinanza n. 41300 dello scorso 22 dicembre, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha confermato l'obbligo per un padre di versare l'assegno di mantenimento alla figlia maggiorenne, in quanto la stessa, pur essendo diventata giornalista, era priva di redditi in quanto svolgeva, nel campo del giornalismo, attività di "gavetta" con sola corresponsione di un rimborso spese e senza contratto.

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio con l'instaurazione di un giudizio di divorzio di una coppia di coniugi, in relazione al quale il Tribunale di Roma condannava il padre al versamento mensile di un assegno di mantenimento alla figlia maggiorenne, non ancora indipendente economicamente, di euro 600,00.

L'uomo, adendo nuovamente il Tribunale di Roma, chiedeva in modifica delle condizioni di divorzio, la revoca dell'assegno di mantenimento per la figlia maggiorenne.

A tal riguardo sosteneva come la ragazza, già dal 2013, aveva raggiunto una indipendenza economica in virtù del suo lavoro di giornalista; deduceva, inoltre, come siffatta indipendenza era comprovata dall'accertamento condotto dall'Agenzia delle Entrate nei suoi confronti, a seguito del quale stato sanzionato per avere operato detrazioni d'imposta per la figlia.

Il Tribunale rigettava la sua domanda.

Respingendo il reclamo avanzato dal padre, anche la Corte di Appello di Roma confermava l'obbligo dell'uomo di versare l'assegno di mantenimento alla figlia maggiorenne. 

I giudici di merito, difatti, ritenevano non dimostrata l'asserita indipendenza economica della figlia, non reputando significativo in tal senso il fatto che, da qualche anno, la ragazza percepisse un reddito lordo di Euro 2.800; in punto di fatto, la Corte di Appello accertava che la ragazza era priva di redditi in quanto svolgeva, nel campo del giornalismo, attività di "gavetta" con sola corresponsione di un rimborso spese e senza contratto per la vendita di diritto d'autore per un documentario da ella realizzato in tempi più recenti.

Ricorrendo in Cassazione, l'uomo censurava la decisione per l'omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto non dimostrata l'indipendenza economica della figlia.

La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente.

In tema di obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni, la giurisprudenza ha più volte precisato che la dichiarazione della cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni che non siano ancora autosufficienti deve essere suffragata da un accertamento di fatto che abbia riguardo all'acquisizione di una condizione di indipendenza economica, all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell'avente diritto.

In tale indagine il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso, e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo. 

Sul punto, gli Ermellini rilevano come il ricorrente imputi ai giudici d'appello di non aver considerato alcuni elementi a suo dire decisivi ai fini della condanna al mantenimento; alla luce di tanto le doglianze prospettate risultano inammissibili in quanto le stesse – risolvendosi nella sollecitazione di un'impropria richiesta di riesame del merito e di rivalutazione, anche a fini selettivi, del quadro probatorio– impongono l'esecuzione di un nuovo accertamento di fatto precluso in sede di legittimità.

Il ricorrente, difatti, si limita a contrapporre la propria ricostruzione fattuale a quella effettuata dai giudici di merito, evocando inammissibilmente un riesame dei fatti storici, laddove la Corte d'appello ha esaminato i fatti allegati dal reclamante e, con motivazione adeguata, ha ritenuto, nel condividere la decisione del Tribunale, che non fossero emerse circostanze sopravvenute idonee a giustificare la modifica dell'assetto precedente delle condizioni di divorzio, con riguardo al contributo di mantenimento disposto per la figlia.

In particolare, già in primo grado si era ritenuta non dimostrata l'asserita indipendenza economica della figlia, essendo emerso che la ragazza era priva di redditi in quanto svolgeva, nel campo del giornalismo, attività di "gavetta" con sola corresponsione di rimborso spese e senza contratto.

In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso con condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.