Esiste un limite anagrafico per poter pretendere di farsi mantenere dai genitori, e questo limite si colloca intorno ai 34 anni. Successivamente, ad ognuno le proprie responsabilità.
È quanto, in estrema sintesi, affermato, con una pronuncia che in questi giorni sta diventando virale nel web, il Tribunale civile di Modena che, in accoglimento della domanda di una madre ottantenne stanca di dover continuare ad accudire il figlio sessantenne, bamboccione atipico, ha stabilito il principio di cui si è detto, come riportato, in un bell´articolo firmato Carlo Gregori, da La Gazzetta di Modena.
Il caso sottoposto al giudice monocratico della seconda sezione del Tribunale civile di Modena, e culminato con la sentenza in commento (165/2018) riguardava, per l´appunto, un figlio sessantenne, che non intendeva allontanarsi dall´appartamento di proprietà della madre ottantenne, pretendendo anche di farsi mantenere completamente dalla stessa. Ed il giudice, applicando un parametro anagrafico che qualche tempo fa era stato elaborato da un giudice milanese, ha affermato per l´appunto che, oltre il limite di 34 anni, salvo che non sussistano particolari situazioni di bisogno protette dall´ordinamento, nessuno può pretendere di continuare a farsi assistere passivamente dai familiari, perché anche il vincolo di sangue non può sottrarre alcuno alle proprie responsabilità.
Come racconta Il quotidiano modenese, il giudice con la sentenza in commento ha posto la parola fine ad una situazione al limite. La signora ottantenne, parte attrice, seguita da tempo da un amministratore di sostegno, era stata addirittura costretta a lasciare la propria abitazione per la concomitante presenza, divenuta del tutto invasiva, del figlio sessantenne, dovendosi per di più far carico di una ingente retta, pari a € 2600 al mese per poter essere ospitata in un istituto di ricovero.
Ma essa potrà - presumibilmente a breve - rientrare nel proprio appartamento in quanto il giudice, con la pronuncia adesso in commento, ha accolto il ricorso della donna, e respinto le assurde tesi del sessantenne, secondo il quale l´appartamento, che gli era stato concesso in comodato, era in realtà stato a lui conferito in "adempimento spontaneo a un obbligo di mantenimento", essendo privo di redditi.
Il giudice modenese, però, ha completamente respinto, in quanto del tutto prive di giuridico fondamento, le tesi del sessantenne, ed accolto in toto quelle della donna, ingiungendo al primo di lasciare immediatamente l´appartamento, sul quale non ha alcun titolo legittimo. La Cassazione Civile, nel 2014, in proposito, ha rilevato il giudice, ha ricordato che «con il superamento di una certa età, il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende meritevole di diritti ma non più del mantenimento».
Una cosa, ha affermato il giudice, è la situazione, estremamente ricorrente soprattutto in un periodo, come il nostro, segnato dalla crisi, nella quale si determina un accordo con il pieno consenso di entrambe le parti per cui i figli, ormai adulti, rimangono nella casa dei genitori, accudendoli ed assistendoli secondo le loro necessità; altra cosa che i figli permangano nella casa genitoriale allo scopo di farsi mantenere, sottraendosi così ad ogni responsabilità.
«Non è affatto raro – ha spiegato il giudice - che i figli, divenuti maggiorenni, anche dopo aver raggiunto un´età tale da non poter essere in alcun modo beneficiari del diritto di mantenimento permangano nella casa natale unitamente ai genitori in virtù di un rapporto ormai consolidato di solidarietà e affetto familiare. Ciò non toglie, tuttavia, che non vi è alcuna norma dell´ordinamento che attribuisca al figlio maggiorenne il diritto incondizionato di permanere nell´abitazione di proprietà esclusiva dei genitori contro la loro volontà e in forza del solo vincolo familiare. I genitori hanno il diritto di richiedere al figlio convivente di liberare l´immobile occupato».