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Con l'ordinanza n. 10592 dello scorso 22 aprile, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha fornito importanti precisazioni sul riparto dell'onere della prova per il risarcimento dei danni conseguenti ad infezioni da virus HCV contratte a seguito di emotrasfusioni, specificando che è onere della struttura sanitaria convenuta dimostrare la provenienza della sacca di sangue infetta.

Si è difatti chiarito che "nella controversia tra il paziente che assuma di avere contratto un'infezione in conseguenza d'una emotrasfusione, e la struttura sanitaria ove quest'ultima venne eseguita, non è onere del primo allegare e provare che l'ospedale abbia tenuto una condotta negligente o imprudente nella acquisizione e nella perfusione del plasma, ma è onere del secondo allegare e dimostrare di avere rispettato le norme giuridiche e le leges artis che presiedono alle suddette attività".

Una donna citava in giudizio il Ministero della Salute e l'Assessorato regionale della Sicilia per il risarcimento dei danni patiti da contagio HCV a seguito di una emotrasfusione effettuata nel 1987 in un ospedale di Caltagirone.

Il Tribunale di Catania accoglieva la domanda nei confronti del Ministero e dell'Assessorato.

La Corte d'appello di Catania, in accoglimento del gravame proposto dall'Assessorato, rigettava la domanda attorea nei confronti di quest'ultimo, osservando che l'attrice non aveva mai allegato che l'ospedale di Caltagirone avesse provveduto alle trasfusioni approvvigionandosi di sangue tramite un proprio centro trasfusionale e non, come avviene nella normalità dei casi, utilizzando sacche di provenienza esterna. 

 Avverso tale sentenza ricorreva in Cassazione la paziente, deducendo la violazione degli artt. 1176, 1218, 1228 e 2697 c.c., per aver la Corte d'Appello addossato ad essa attrice l'onere di allegare e provare che l'ospedale di Caltagirone avesse eseguito la trasfusione con sacche di plasma prelevate da un proprio centro trasfusionale.

La Cassazione condivide le censure formulate dalla ricorrente.

In punto di diritto, la Corte precisa che nella controversia tra il paziente che assuma di avere contratto un'infezione in conseguenza d'una emotrasfusione, e la struttura sanitaria ove quest'ultima venne eseguita, non è onere del primo allegare e provare che l'ospedale abbia tenuto una condotta negligente o imprudente nella acquisizione e nella perfusione del plasma, ma è onere del secondo allegare e dimostrare di avere rispettato le norme giuridiche e le leges artis che presiedono alle suddette attività

La Cassazione ritiene, pertanto, che la Corte Territoriale sia incorsa nel denunciato vizio di falsa applicazione dell'art. 1218 e 2697 c.c..

In primo grado, infatti, la paziente, a fondamento della colpa dell'azienda ospedaliera, aveva allegato di avere subito un danno alla salute in conseguenza di un trattamento sanitario, invocando la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria: alla luce di tanto, l'attrice aveva compiutamente assolto l'onere di allegazione dei fatti costitutivi della domanda, posto che tale onere, quando venga invocata la responsabilità contrattuale, si esaurisce nella allegazione dell'esistenza del contratto e di una condotta inadempiente.

 Ne deriva che sulla donna incombeva il solo onere di allegare una condotta inadempiente del suddetto ospedale e non anche quello di allegare e spiegare come, quando e in che modo l'ospedale di Caltagirone si fosse approvvigionato delle sacche di plasma risultate infette; di contro, era onere della struttura sanitaria allegare e dimostrare, ai sensi dell'art. 1218 c.c., di avere tenuto una condotta irreprensibile sul piano della diligenza.

Alla luce di tanto, la Corte d'appello avrebbe dovuto in concreto accertare se l'assessorato avesse o non avesse provato la "causa non imputabile" di cui all'art. 1218 c.c., in quanto l'accertamento della provenienza delle sacche di sangue infetto non era un fatto costitutivo della domanda, ma era un fatto impeditivo della stessa, che in quanto tale andava allegato e provato dall'amministrazione convenuta; trascurando di stabilire se l'assessorato avesse fornito tale prova, la Corte d'appello ha effettivamente violato gli artt. 1218 e 2697 c.c..

In virtù di tanto, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Catania, in diversa composizione, che deciderà sul merito della controversia e sulle spese del giudizio di Cassazione.