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Riferimenti normativi: Art.1117 c.c.- Art.2051 c.c.

Focus: Il condomìnio è sempre tenuto a risarcire il danno patito da terzi?

Principi generali: Il condomìnio è custode dei beni e dei servizi comuni indicati dall'art.1117 c.c. ed è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcunoIn linea di massima, quindi, la responsabilità per danni da cose in custodia arrecati a terzi è imputabile al condomìnio e ai condòmini, ai sensi dell'art.2051 c.c., in quanto custodi comproprietari di quel bene, salvo che sia provato il caso fortuitoPoiché sussiste solo una presunzione di colpa a carico del soggetto  titolare del potere fisico sulla cosa, il danno può essere risarcito solo se si prova il nesso di causalità tra il fatto ed il danno fisico riportato. Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l'Ordinanza n.2118 del 25 gennaio 2022 in un caso in cui un passante era scivolato a terra a causa della caduta di un cornicione da un palazzo. 

Nel caso di specie il danneggiato mentre attraversava a piedi un corridoio del complesso condominiale era stato colpito da pezzi di intonaco e cemento distaccatisi dalla parete e, nel tentativo di evitarli, era scivolato a terra riportando gravi lesioni. Per questo motivo ha citato in Tribunale il condomìnio affinché fosse accertata la responsabilità di quest'ultimo per l'omessa manutenzione degli stabili, ex art. 2051 c.c., con conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.Il condomìnio, costituitosi in giudizio, ha contestato la domanda dell'attore e il Tribunale ha rigettato il ricorso ritenendo non provato il fatto costitutivo della pretesa da parte del danneggiato. La sentenza di primo grado è stata, poi, confermata dalla Corte d'appello che ha ritenuto condivisibili le considerazioni del Tribunale in merito al difetto di prova sull'an debeatur. Il danneggiato, di conseguenza, ha impugnato la sentenza con ricorso in Cassazione lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c. per non aver la Corte d'Appello applicato i principi in materia di danni cagionati da cose in custodia secondo cui è sufficiente che il danneggiato dimostri il nesso causale tra il danno subito e il bene. 

Ha sostenuto, altresì, che, a prescindere dalle deposizioni testimoniali, il fatto storico della caduta non era stato contestato dai condòmini e, quindi, ciò era sufficiente per riconoscere il suo diritto al risarcimento del danno. Infatti, secondo il ricorrente, nonostante le divergenze delle dichiarazioni dei testi sul momento e sulle modalità della caduta, le testimonianze avevano confermato il medesimo fatto e, cioè, che egli era caduto a terra. Inoltre, il fatto storico, cioè la caduta del cornicione, era stato dimostrato anche attraverso le fotografie dei residui di calcestruzzo rimasti a terra ed era stata data prova dei danni fisici subiti producendo i certificati rilasciati dal pronto soccorso. La Corte Suprema, però, ha ritenuto logica ed esaustiva la motivazione della sentenza della Corte d'appello. Quest'ultima, esaminando il materiale istruttorio, aveva ritenuto che le molteplici incongruenze e contraddizioni emergenti dalle deposizioni di due testimoni e dal verbale di pronto soccorso non consentivano di ricostruire né la dinamica del sinistro né il nesso causale tra il danno subito e l'asserita caduta di calcinacci. Pertanto, la Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile essendo volta la richiesta del ricorrente ad una rivalutazione dei fatti delle prove che non è sindacabile in sede di legittimità. Infatti, la valutazione dei fatti e del nesso causale tra il comportamento illecito e i danni subiti spetta solo al giudice di merito, al quale il danneggiato è tenuto a dimostrare il nesso di causalità tra il fenomeno del "crollo" di parti cementizie e il danno fisico riportato.