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Riferimenti normativi: Artt. 1 e 52 bis, D.Lgs.n.346/1990 - Art.2, commi 49 e 50, D.L.262/2006

Focus: La Corte di Cassazione, con Ordinanza n.27665/2020, ha chiarito che la donazione indiretta del marito con bonifico accreditato sul conto corrente della moglie, senza essere giustificata da una controprestazione, è soggetta a tassazione.

Principi generali: Gli atti diversi dalle donazioni, detti liberalità "indirette", a differenza dei contratti di donazione che godono di una disciplina esaustiva, rappresentano un fenomeno eterogeneo, difficilmente riconducibile ad unità. Il contratto di donazione, disciplinato dagli art.769 e ss c.c., consiste in un atto gratuito con il quale si attribuisce un beneficio al donatario in via spontanea e volontaria senza che vi sia un interesse patrimoniale. Le liberalità indirette, invece, sono atti (contratti, negozi unilaterali), che hanno un interesse patrimoniale sotteso rappresentato dall'arricchimento del donatario con sacrificio del donante, e sono disciplinate da una sola norma, l´art. 809 c.c., cheè una norma di rinvio con la quale il legislatore stabilisce che le liberalità indirette seguono le norme sostanziali previste per la donazione. Con l'Ordinanza n.27665 del 03/12/2020 la Suprema Corte ha precisato che il bonifico ordinato da un coniuge a favore dell'altro costituisce una donazione indiretta se realizza l'incremento del patrimonio del ricevente ed il depauperamento di quello del donante.

Il caso: la vicenda ha avuto inizio quando l'Agenzia delle Entrate, in sede di controllo dei redditi dichiarati, aveva chiesto chiarimenti alla contribuente in ordine a rilevanti scostamenti riscontrati tra reddito dichiarato e spese sostenute nei periodi di imposta compresi tra il 2009 e il 2013, a seguito dei quali era stato emesso avviso di liquidazione nei confronti della contribuente. Nel citato avviso di liquidazione l'Ufficio accertava l'omessa registrazione di una liberalità indiretta di dodici milioni di euro ricevuta dal marito e liquidava l'imposta sulle donazioni applicando l'aliquota dell'8%, oltre interessi, sull'intero importo oggetto della liberalità. Alla richiesta dell'ufficio i coniugi si opponevano impugnando l'avviso di liquidazione dinanzi la Commissione tributaria provinciale che riconosceva le loro doglianze. La sentenza di primo grado veniva impugnata in appello dall'Agenzia delle Entrate e veniva riformata in senso sfavorevole alla contribuente. Infatti, secondo i giudici di secondo grado è stata accertata, per mancanza di prova contraria legale, l'esistenza di una liberalità indiretta, da assoggettare a tassazione, attuata dal marito senza che apparisse una controprestazione da parte della moglie. Pertanto, l'accredito in conto corrente della relativa somma di denaro costituiva il presupposto del tributo richiesto alla contribuente, che andava ricalcolato, ai sensi del D.Lgs n.346/1990, art.56 bis, commi 1 e 2, con aliquota del 7%, sulla parte eccedente la franchigia di 1 milione di euro, prevista dalla "nuova" imposta sulle successioni e donazioni introdotta dal D.L.n.262/2006.

La sentenza di secondo grado è stata impugnata dai coniugi dinanzi la Suprema Corte deducendo che la decisione del giudice di secondo grado non era corretta. I ricorrenti hanno contestato la sussistenza, nel caso di specie, di una liberalità indiretta da assoggettare a tassazione, perché nell'operazione mancava l'animus donandi e l'impoverimento del donante. In particolare, hanno evidenziato che nel bonifico di 12 milioni di euro non può essere identificato un atto di liberalità indiretta per due motivi: innanzitutto perché trasferito, in realtà, prima a una fiduciaria e poi a una s.r.l. di cui solo il marito è socio, in secondo luogo perché detta somma è rimasta accreditata sul conto per breve tempo in quanto destinata a finanziare la società di cui la moglie non è socia, tanto che la società, una volta ricevuto l'importo lo ha contabilizzato come un debito verso il socio e non verso la moglie con la dizione "finanziamento soci". Essi hanno, inoltre, evidenziato che la decisione non era corretta perché i giudici di secondo grado avevano ritenuto la liberalità assoggettabile a tassazione secondo l'aliquota del 7%, previo riconoscimento della franchigia. In pratica, non si era tenuto conto del fatto che il citato D.Lgs. n.346/1990, art.56 bis, rubricato "accertamento delle liberalità indirette", nella parte in cui prevede l'aliquota del 7% sull'importo eccedente mille euro doveva ritenersi implicitamente abrogato per incompatibilità con le nuove aliquote e franchigie, e l'unica aliquota eventualmente applicabile era quella del 4% prevista dal D.L.n.262/2006, art.2, comma 49, al netto della franchigia.

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 27665/2020 ha rigettato il ricorso ritenendo infondata la tesi dei coniugi. I giudici di legittimità hanno ritenuto che nel caso in esame sussiste il dato soggettivo tipico della donazione, rappresentato dall'intenzione del donante, condivisa dal donatario, di provocare un incremento del patrimonio del soggetto benficiario, cioè della moglie, con depauperamento del soggetto disponente, cioè il marito.Infatti, la moglie, anche se per un periodo di tempo ridotto, ha acquistato la piena disponibilità giuridica della provvista (Cass. S.U. n. 6549/2020). L'avvenuto trasferimento di denaro, da inquadrare nelle liberalità indirette è certamente rilevante fiscalmente anche nell'ambito della "nuova" imposta di donazione, in quanto esso rientra nell'ampia nozione di "trasferimenti gratuiti" che il legislatore del 2006 ha utilizzato per individuare il presupposto impositivo del tributo. In conclusione, per le fattispecie di liberalità imponibili, come sopra individuate, l'importo è soggetto all'imposta sulle donazioni con aliquota dell'8 %, sulla parte eccedente la franchigia di 1 milione di euro, che costituisce attualmente la percentuale massima prevista dalla legge, a prescindere dal rapporto di parentela del beneficiario, così da mantenere la funzione sanzionatoria contemplata dal legislatore.