Imagoeconomica_1402480

 In tema di separazione personale dei coniugi,  la sesta sezione civile della Cassazione ha ricordato che "l'attitudine al lavoro proficuo dei medesimi quale potenziale capacità di guadagno costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell' assegno di mantenimento da parte del giudice qualora venga riscontrata, in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ambientale e con esclusione di mere valutazioni di astratte e ipotetiche".

E' sul coniuge richiedente l'assegno di mantenimento, che grava nel caso della separazione dei coniugi quando risulterà accertata la sua capacità di lavorare, l'onere della dimostrazione di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato per reperire un'occupazione retribuita confacente alle proprie attitudini professionali poiché il riconoscimento dell'assegno a causa della mancanza di adeguati requisiti propri, pur essendo espressione del dovere solidaristico di assistenza maritale non può estendersi fino a comprendere ciò che con ordinaria diligenza l'istante sia in grado di procurarsi da solo (Cassazione numero 20866 del 2021).

 Per la Cassazione, l'assegno di mantenimento tocca alla moglie che prova di avere grosse difficoltà nel cercare un impiego, anche a causa del contesto territoriale regionale.

Con l'ordinanza n. 18820/2022, difatti, l'ambiente in cui si vive che, in questo caso, era caratterizzato da forte disoccupazione, incide nella decisione di riconoscere il mantenimento alla moglie. L'ex moglie, ha diritto all'assegno se dopo la separazione, prova le difficoltà nel cercare un impiego, anche a causa del contesto territoriale regionale, caratterizzato da forte disoccupazione e da una larga diffusione del precariato. Nel caso di specie, il Tribunale di Crotone, pronunciandosi sulla separazione di due coniugi revocava il contributo al mantenimento dell'uomo a carico dei figli ormai maggiorenni e della donna e revocava l'assegnazione della casa coniugale.

Il giudice di prima cura aveva osservato che entrambe le domande di addebito erano infondate. La donna proponeva appello incidentale sull'addebito. Di seguito, la corte territoriale accoglieva l'appello principale, ponendo a carico del marito una somma per il mantenimento della stessa, dichiarando inammissibile il ricorso incidentale, facendo notare che trattasi di nuova domanda perché basata su fatti diversi e generici e non erano stati provati che l'appellante lavorasse in nero; non era stata provata una stabile convivenza della donna con una terza persona; non era emersa la possibilità di un'effettiva capacità lavorativa della donna appellante che non aveva mai lavorato, priva di titoli di studio, considerando che quest'ultima aveva 48 anni. 

La stessa aveva diritto al mantenimento poiché la condizione economica complessiva del appellato era migliore. 

Nello specifico, i giudici vedono chiaramente come la donna non abbia concretamente possibilità di reperire occasioni di lavoro in base a fattori quali l'età, l'inesperienza lavorativa, l'attuale e notoria situazione del mercato del lavoro caratterizzato da un' alta percentuale di disoccupazione e una larga diffusione del precariato.

Per i giudici della Cassazione la donna ha dato prova della esistenza di una situazione di concreta impossibilità di svolgere attività lavorativa retribuita. Da qui ne discende l'incontestabilità dell'obbligo del marito di versarle il mantenimento.