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Con l'ordinanza n. 35275 dello scorso 18 novembre in materia di compensi legali, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha escluso il diritto di un professionista di vedersi corrispondere gli onorari maturati per il patrocinio in una causa civile, per aver egli avanzato la richiesta di pagamento oltre il triennio utile ai fini del 2956 c.c..

Si è difatti specificato che "il termine triennale della prescrizione presuntiva per le competenze dovute agli avvocati, di cui all' art. 2956 c.c., ai sensi dell' art. 2957 c.c. , comma 2, decorre "dalla decisione della lite", la quale coincide con la data di pubblicazione della sentenza non impugnabile che chiude definitivamente la causa, mentre "per gli affari non terminati la prescrizione decorre dall'ultima prestazione", da individuarsi come attività svolta dal professionista in esecuzione del contratto di patrocinio".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla domanda presentata da un legale, volta ad ottenere il compenso per le prestazioni giudiziali prestate a favore di un cliente in un causa civile promossa davanti al Tribunale di Pescara. 

 Il Tribunale di Pescara condannava il cliente al pagamento della somma di Euro 2.738,00, oltre accessori, respingendo l'eccezione di prescrizione presuntiva sollevata.

Il giudice, difatti, considerava non maturato il periodo utile alla prescrizione presuntiva di cui di cui agli artt. 2956 c.c. e 2957 c.c., individuando il dies a quo nel giorno (13 luglio 2014) del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, pubblicata il 13 gennaio 2014, che definiva il giudizio nel quale l'attività professionale era stata prestata.

Pertanto, secondo l'ordinanza impugnata, la richiesta di pagamento, comunicata in data 7 giugno 2017, doveva considerarsi utile ad interrompere la prescrizione, giacché intervenuta prima che fosse maturato il triennio utile ai fini del 2956 c.c.

Il cliente proponeva, quindi, ricorso in Cassazione, eccependo violazione e falsa applicazione dell'art. 2957 c.c., comma 2.

A tal fine, il ricorrente deduceva che il dies a quo della prescrizione presuntiva ex art. 2957 c.c. doveva essere individuato nel giorno della pubblicazione della sentenza e non in quello del suo passaggio in giudicato: seguendo tale tesi, la data da prendere in considerazione sarebbe stata quella del 13 gennaio 2014 (data di pubblicazione) e non quella del 13 luglio 2014 (data del passaggio in giudicato della sentenza non notificata), con consequenziale compimento della prescrizione triennale alla data del 7 giugno 2017, allorquando il cliente riceveva la lettera di messa in mora.

 La Cassazione condivide le doglianze sollevate dal ricorrente.

La Corte ricorda che il termine triennale della prescrizione presuntiva per le competenze dovute agli avvocati, di cui all' art. 2956 c.c., ai sensi dell' art. 2957 c.c. , comma 2, decorre "dalla decisione della lite", la quale coincide con la data di pubblicazione della sentenza non impugnabile che chiude definitivamente la causa, mentre "per gli affari non terminati la prescrizione decorre dall'ultima prestazione", da individuarsi come attività svolta dal professionista in esecuzione del contratto di patrocinio.

Con specifico riferimento al caso di specie, la pronuncia impugnata ha fatto cattiva applicazione delle norme in questione, per aver individuato il dies a quo per il decorso della prescrizione presuntiva ex art. 2956 c.c. n. 2, e ex art. 2957 c.c. comma 2, nel giorno (ovvero il 13 luglio 2014) in cui maturò il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado resa il 13 gennaio 2014 nel giudizio davanti al medesimo Tribunale.

Nella specie, la sentenza pubblicata il 13 gennaio 2014 era ancora impugnabile e non aveva definito la causa, sicché non valeva come "decisione della lite", ma ciò imponeva di allegare e di accertare altrimenti quale ulteriore prestazione l'avvocato avesse svolto in adempimento del rapporto professionale con il cliente, essendo il passaggio in giudicato di una sentenza impugnabile effetto naturale del decorso dei termini previsti in tema di appello, senza implicare ex se il compimento di ulteriori attività difensive.

In conclusione, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Pescara, in diversa composizione.