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 I giudici di legittimità della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione sono stati irremovibili e applicando in maniera rigorosa la norma in questione.

Con la sentenza n.36808 del 31 luglio 2018, hanno annullato infatti la sentenza impugnata dal PM emessa dalla Corte di Appello di Roma che aveva, in riforma dei quella emessa dal giudice di primo grado, assolto l'imputato perché il fatto non costituisce reato.

I Fatti

I giudici di merito della Corte territoriale avevano mandato assolto l'imputato che era stato tratto in giudizio per rispondere del reato di evasione ex art. 385 c.p. per insussistenza del dolo del reato facendo leva sull'orientamento espresso dalla sentenza emessa dalla Cass. Sez. 6 n. 25583/2013 e sulla ricostruzione dei fatti secondo cui lo stesso imputato si era recato dai Carabinieri con un borsone contenente i suoi indumenti, chiedendo di essere condotto al carcere, in quanto la convivenza con la moglie era divenuta insopportabile.

 Con il ricorso per cassazione proposto dalla Procura Generale veniva denunciata l'erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla esclusione dell'elemento psicologico del reato. Il ricorrente faceva evidenziare che secondo un orientamento di legittimità è irrilevante lo scopo che l'agente si propone con la sua condotta, essendo sufficiente la presenza del dolo generico e cioè la consapevolezza di assentarsi dal luogo di detenzione in modo indebito.

Motivazione

I giudici della Sesta Sezione hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dalla Procura Generale.

Secondo l'orientamento maggioritario, infatti per il reato in esame è sufficiente riscontrare la presenza del dolo generico a nulla rilevando lo scopo per il quale è stata assunta la condotta illecita. (Sez. 6, n. 7842 del 01/06/2000, Vernucci R., Rv. 217557); Sez. 6, n. 19639 del 09/01/2004, C., Rv. 228315; Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012,Ghouila, Rv. 252288; Sez. 6, n. 22109 del 13/05/2014, Costa, Rv. 262537; Sez. 6, n. 8614 del 25/02/2016, Cantiello, Rv. 266508) L'ultima sentenza citata riguarda un caso assolutamente simile a quello oggetto del ricorso in esame. 

 Al sopra citato orientamento si contrappone quello secondo il quale, in fattispecie analoga a quella oggetto del giudizio in esame, "in tema di evasione, deve ritenersi insussistente il dolo nella condotta di colui che, trovandosi agli arresti domiciliari presso la propria abitazione, se ne allontani per recarsi, per la via più diretta, alla stazione dei Carabinieri. (Sez. 6, n. 25583 del 05/02/2013, Giannone, Rv. 256806) e, ancora, "non integra il delitto di evasione la condotta di chi, trovandosi in stato di detenzione domiciliare, si allontani dalla propria abitazione per farsi trovare al di fuori di essa in attesa dei carabinieri, prontamente informati della sua intenzione di volere andare in carcere" (Sez. 6, n. 44595 del 06/10/2015, Ranieri, Rv. 265451). Tale ultima decisione ha spiegato che deve essere esclusa ogni offensività concreta, ex art. 49 c.p., comma 2, nella condotta dell'imputato, mai sottrattosi alla possibilità di controllo da parte dell'autorità tenuta alla vigilanza.

I giudici della Sesta Sezione hanno dichiarato di aderire al primo orientamento in quanto il bene oggetto di tutela del reato in questione è costituito dalla decisione dell'autorità giudiziaria di concedere la misura degli arresti domiciliari, pertanto non rilevano nè le motivazioni nè lo scopo di tale allontanamento.

Per la violazione del precetto penale dettato dall'art. 385 c.p. è sufficiente il solo dolo generico consistente nella coscienza e volontà di allontanarsi arbitrariamente dal domicilio.                                    Per tali motivazioni la Corte ha disposto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale competente per un nuovo giudizio.

Si allega sentenza